Se fosse stata soccorsa in tempo, poteva essere salvata. Queste le dichiarazioni dei giudici sulla morte di Maddalena Urbani.
Poteva essere salvata Maddalena Urbani, la figlia del medico Carlo Urbani deceduta a Roma a causa di un mix di droghe e farmaci il 27 marzo del 2021. Lo spacciatore siriano 66enne Abdulaziz Rajab fu condannato lo scorso 24 ottobre a 14 anni di carcere, accusato di omicidio volontario. Ma secondo la Corte d’Assise “sarebbe stata sufficiente una telefonata tempestiva al 118 a salvarle la vita”.
Il caso
Abdulaziz Rajab e Kaoula El Haouzi, la 35enne amica della vittima, quella sera preferirono non chiamare i soccorsi, nonostante l’esatta consapevolezza della gravità della situazione in cui era necessario intervenire. Secondo i giudici, il 66enne voleva evitare un intervento del 118 per non far sapere di aver ricevuto due ragazze in casa, dove conservava della droga.
Ma anche El Haouzi aveva il dovere di intervenire chiamando i soccorsi, date le gravi condizioni di Maddalena. Anche lei durante il processo, “ha fatto di tutto per sminuire la precisa consapevolezza della gravità della situazione e il suo evidente coinvolgimento nella vicenda”.
A Rajab sono state riconosciute le attenuanti generiche per le disagiate condizioni di vita, di estrema precarietà ed emarginazione e dell’atteggiamento parzialmente collaborativo. All’amica della vittima invece, i giudici le hanno negate “in considerazione dell’atteggiamento processuale, improntato unicamente e pervicacemente al mendacio e privo della benché minima resipiscenza”.