Una madre della Georgia accusata di aver annegato la figlia è stata dichiarata non colpevole per infermità mentale.
Ogni anno, negli Stati Uniti, centinaia di casi legati a problemi di salute mentale finiscono davanti ai giudici, questo è il caso di una madre. Spesso si tratta di episodi drammatici, in cui le malattie psichiatriche giocano un ruolo cruciale nell’esito delle azioni di chi ne soffre. Ma solo in pochi casi l’esito giudiziario riesce a generare un dibattito così profondo e controverso come quello accaduto in Georgia nel maggio del 2023.
In un’area residenziale di Sandy Springs, la polizia fu chiamata per una segnalazione di disturbo: una donna appariva in evidente stato confusionale vicino a un parcheggio. Al suo arrivo, la polizia trovò Asia Calabrese-Lewis, 24 anni, visibilmente alterata, incapace di fornire spiegazioni coerenti. Ma fu solo dopo alcune domande che rivelò la verità: “Mia figlia è annegata in una piscina.” La notizia lasciò attoniti i residenti e sconvolse i media locali. Ma il caso stava solo iniziando.

La verità emersa dal processo
Gli investigatori scoprirono presto che la donna era stata ripresa da una telecamera mentre scendeva con la piccola Nirvana Oliver verso uno stagno di contenimento. Dopo sei minuti in acqua, Calabrese-Lewis ne uscì sola. La bambina fu trovata senza vita e la madre venne arrestata con l’accusa di omicidio.
Nel corso del procedimento legale, tuttavia, emerse un elemento determinante: la diagnosi di disturbo bipolare con tratti psicotici. Secondo la perizia psichiatrica, al momento dell’annegamento, Calabrese-Lewis era in uno stato di “mania con caratteristiche psicotiche” che le impediva di distinguere il bene dal male. Il giudice Shukura Ingram ha stabilito che l’imputata agì sotto una compulsione delirante che superava la sua volontà.
Il verdetto finale
Il 18 aprile 2025, il tribunale ha emesso il verdetto: non colpevole per infermità mentale. Calabrese-Lewis è stata affidata al Dipartimento della Salute Mentale per ulteriori valutazioni. Un epilogo che non cancella la tragedia, ma che spinge a riflettere su quanto sia sottile il confine tra responsabilità e malattia mentale.