Manovra 2025: perché l’aumento dell’Iva dal 10% al 22% sullo smaltimento dei rifiuti potrebbe far salire la tassa per i cittadini.
La nuova manovra economica per il 2025 ha introdotto una serie di modifiche alla gestione fiscale dei rifiuti, con la possibile conseguenza dell’aumento della tassa per i cittadini.
Tra le misure principali, come riportato da Today.it, l’incremento dell’Iva dal 10% al 22% sullo smaltimento di alcuni rifiuti rappresenta un punto cruciale. Ecco perché.
L’aumento dell’Iva come strumento per ridurre i Sad
I Sad sono delle agevolazioni fiscali – come detrazioni e esenzioni – che sostengono economicamente attività potenzialmente dannose per l’ambiente, come il consumo di fonti fossili e l’uso di risorse non rinnovabili.
Nel 2022, l’Italia ha speso quasi 95 miliardi di euro per sostenere questi sussidi, principalmente nei settori energetico e dei trasporti.
Con il nuovo incremento dell’Iva, dunque, il governo mira a disincentivare lo smaltimento dei rifiuti in discarica o in inceneritori senza recupero energetico.
Dal 2025, il conferimento di rifiuti in discarica o il loro incenerimento senza recupero efficiente di energia sarà soggetto a un’Iva del 22%, al pari di altri servizi e beni non considerati essenziali.
Questo aumento non solo segue le direttive dell’Unione Europea ma contribuisce anche al bilancio pubblico, con entrate previste di circa 148 milioni di euro all’anno.
Le conseguenze per la tassa sui rifiuti dei cittadini
Sebbene l’incremento dell’Iva del 22 percento miri a un cambiamento strutturale nelle modalità di gestione dei rifiuti, come scritto da Today.it, il carico fiscale aggiuntivo rischia di pesare sulle imprese di smaltimento.
È probabile che queste aziende trasferiscano una parte dei costi maggiorati sui loro clienti, ovvero le amministrazioni comunali e – indirettamente – i cittadini.
La tassa sui rifiuti, quindi, potrebbe subire un aumento per compensare i costi più alti legati allo smaltimento, incidendo sulle tasche dei contribuenti italiani.