Manovra, stipendi dei manager pubblici verso l’abbassamento: come cambiano le cose

Manovra, stipendi dei manager pubblici verso l’abbassamento: come cambiano le cose

Nuova stretta per i manager pubblici in arrivo con la legge di bilancio: tutti i dettagli e le reazioni della manovra 2025.

Il governo italiano è al lavoro sulla legge di bilancio che dovrebbe arrivare in Parlamento nei prossimi giorni. Tra le novità più rilevanti della manovra c’è l’ipotesi di una riduzione del tetto massimo degli stipendi per i manager pubblici, una misura proposta per contribuire al raggiungimento degli obiettivi economici fissati dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. La nuova soglia potrebbe scendere a 160mila euro lordi annui, un taglio consistente rispetto all’attuale limite di 240mila euro.

Le misure della manovra 2025: gli stipendi dei manager

La manovra finanziaria, dal valore di circa 30 miliardi di euro, prevede che più della metà delle risorse siano destinate alla conferma del cuneo fiscale, alla riforma dell’Irpef con l’introduzione delle tre aliquote, e a incentivi per la natalità e le famiglie numerose

Tuttavia, per far quadrare i conti senza eccedere il budget, il governo sta studiando vari interventi, tra cui il taglio dei compensi per i dirigenti pubblici e di quegli enti che ricevono contributi statali.

Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il nuovo tetto di 160mila euro riguarderebbe non solo i manager della pubblica amministrazione, ma anche le società, associazioni e enti che ricevono contributi statali. 

Questo “tetto onnicomprensivo” verrebbe applicato a tutte le realtà giuridiche che percepiscono fondi pubblici, limitando le retribuzioni dei dirigenti a una cifra paragonabile all’indennità del Presidente del Consiglio.

La misura non colpirà alcune società come Anas, Cassa depositi e prestiti e la Società Stretto di Messina spa, per le quali è già stata prevista una deroga, ma si applicherà alla maggior parte degli enti pubblici.

Le diverse reazioni

La proposta di ridurre il tetto salariale ha suscitato reazioni contrastanti. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha definito la misura “demagogica”, mentre il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha difeso la norma, sostenendo che “parla di Enti e Fondazioni che ricevono contributi da parte dello Stato e che, ovviamente, essendo fondi dello Stato, devono gestirli con severità” e che quindi si tratta di un intervento “ragionevole”, riporta FanPage.it.

Più incerta la posizione del ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, che in passato aveva suggerito di eliminare il tetto agli stipendi, considerando che le retribuzioni competitive siano fondamentali per attrarre talenti nella PA. “Non capisco perché nel privato un manager possa guadagnare più di 240mila euro e nel pubblico no”, aveva dichiarato tempo fa, evidenziando l’importanza di garantire stipendi all’altezza per assicurare la qualità del management pubblico.