Durante il discorso a Oviedo, Mario Draghi lancia un monito sull’Europa e propone un federalismo pragmatico.
L’Europa è a un bivio. Gli eventi recenti – dalla guerra in Ucraina alla crisi energetica, fino alle fratture interne sui grandi dossier strategici – hanno mostrato le difficoltà strutturali dell’Unione nel rispondere con rapidità ed efficacia. In questo contesto, Mario Draghi torna a parlare con forza del futuro dell’Europa, lanciando un monito che non lascia spazio a interpretazioni ambigue.
Come riportato da ansa.it, durante la cerimonia del Premio Princesa de Asturias per la Cooperazione Internazionale, ricevuto a Oviedo, Draghi ha dichiarato: “quasi ogni principio su cui si fonda l’Ue è sotto attacco. Il mondo è cambiato e l’Europa fatica a rispondere”. Parole che riecheggiano quelle già pronunciate a maggio a Coimbra, alla presenza del presidente Mattarella. L’ex presidente della BCE, oggi incaricato dalla Commissione europea per redigere un rapporto sulla competitività dell’UE, rilancia una proposta concreta: “un federalismo pragmatico”.

Una nuova Europa tra crisi e incertezza
Draghi descrive un’Unione in difficoltà crescente, dove le decisioni fondamentali vengono rallentate dai meccanismi dell’unanimità e dai veti incrociati. Gli esempi non mancano: “sull’Ucraina sono state approvate delle conclusioni a 26, ovvero senza l’Ungheria”, e “la proposta di usare gli asset russi per i prestiti di riparazione a Kiev ha subito una brusca frenata, tra i veti del Belgio e i dubbi di diverse capitali, Roma inclusa”. Anche il Green Deal europeo mostra le sue fragilità: “sul grande tema della competitività e del suo rapporto con il Green Deal i 27 leader hanno mostrato più di una crepa”.
Il federalismo pragmatico: coalizioni di volenterosi
Secondo Draghi, l’Europa deve superare nei fatti – se non ancora formalmente – le rigidità del suo processo decisionale. “Si tratta di un federalismo basato su temi specifici, flessibile e capace di agire al di fuori dei meccanismi più lenti del processo decisionale dell’Ue”. In altre parole, gruppi di Paesi – le “coalizioni di volenterosi” – dovrebbero cooperare su interessi comuni, senza aspettare il consenso unanime di tutti i membri.
L’analisi di Draghi si chiude con una riflessione amara ma cruciale: “quanto grave deve diventare una crisi affinché i nostri leader uniscano le forze e trovino la volontà politica di agire?” Un interrogativo che pesa come un macigno sul futuro dell’Unione.