Massacro di Ponticelli, la Procura riaprirà il caso?

Massacro di Ponticelli, la Procura riaprirà il caso?

Le Iene Show riaccendono i fari sul massacro di Ponticelli. La storia, i fatti e la svolta del massacro di Barbara e Nunzia.

Sono trascorsi ben 40 anni dal 2 luglio 1983, giorno della scomparsa di Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, le bimbe di 7 e 10 anni trovate morte nell’ex quartiere operaio della periferia est di Napoli. La storia di Nunzia e Barbara ha lasciato la città e l’Italia intera sconvolte, per le modalità barbariche con cui le due bambine sono state uccise.

I fatti del massacro di Ponticelli

Il quartiere Ponticelli, all’epoca dei fatti era invaso dalla puzza di bruciato per via della discarica a cielo aperto che veniva spesso incendiata, ma la sera del 3 luglio era diverso: una puzza di “marcio” stava invadendo la zona. Dalla segnalazione della scomparsa l’intero quartiere si era mobilitato per cercare le due bambine e seguendo il forte odore, alcuni ragazzi ritrovarono i corpi carbonizzati in un canalone.

Secondo quanto emerso dall’autopsia, il responsabile dell’uccisione delle due bambine le ha prima torturate a lungo e colpite più volte con un coltello a serramanico, per poi ucciderle. Inoltre sarebbe stato l’assassino a ricomporre i due corpi in un abbraccio, poco prima di darli alle fiamme. Una delle due bambine, Nunzia, ha anche subito una violenza sessuale.

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Le prime indagini e gli interrogatori

A poche ore dall’inizio delle indagini, Antonella Matrillo, compagna di banco di Nunzia è stata una delle prime ad essere interrogata. Secondo quanto dichiarato da Antonella, che ai tempi era solo una bambina, quella sera del 2 luglio verso le 18:00 le due vittime erano state viste allontanarsi dal quartiere per salire su una Fiat 500 blu con un fanalino rotto e un cartello“ vendesi”.

Secondo quanto appreso subito dopo, una terza bambina, Silvana Sasso avrebbe dovuto raggiungere Barbara e Nunzia, ma la nonna di Silvana insospettita aveva deciso di non farla uscire. Stando a quanto riferito dalla bambina agli inquirenti, le tre avevano appuntamento con un ragazzo più grande di nome Gino, detto anche “Tarzan tutte lentiggini”, biondo e riccio, il quale avrebbe comprato loro un gelato.

Seguendo questa pista, gli inquirenti trovarono un venditore ambulante Corrado Enrico, il quale ammise di lavorare nel rione Incis, dove vi si sarebbe recato anche il giorno della scomparsa delle bambine e confermò di avere una Fiat 500 blu con un fanale rotto. Inoltre Corrado, detto “Maciste”, avrebbe dichiarato durante gli interrogatori di essere attratto dai bambini, di fare abuso di alcool e che avrebbe saputo della tragedia dai giornali e dalle foto pubblicate dei due corpi – ma le immagini non furono mai diffuse. Nonostante la moglie di Corrado avesse smentito il suo alibi sull’orario di rientro a casa e nonostante lo stesso uomo pochi mesi prima fu accusato di violenza su un bambino, gli inquirenti lo rilasciarono. L’uomo poco dopo fece rottamare la sua Fiat 500 poichè non fu mai posta sotto sequestro. A questo punto le indagini continuarono e spuntarono i nomi di Ciro ImperanteGiuseppe La Rocca e Luigi Schiavo.

Dopo l’appello della madre di Barbara al presidente della repubblica Sandro Pertini, Carmine Mastrillo, fratello maggiore di Antonella, avrebbe “confessato” a un elemento di spicco della camorra di Ponticelli poi pentito, Mario Incarnato, di sapere chi fossero gli assassini. Da queste dichiarazioni vennero arrestati tre incensurati tra i 19 e i 21 anni: Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo. Altri due amici, Aniello Schiavo e Andrea Formisano, vennero invece accusati di favoreggiamento.

Il Processo

Come colpevoli della vicenda la Procura in brevissimo tempo e con poche prove ha designato Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo, come colpevoli del massacro e condannandoli all’ergastolo nonostante non ci fossero prove reali della loro presenza sulla scena del crimine. I tre ragazzi, allora come oggi, continuano a proclamare la loro innocenza.

A supportare la loro innocenza anche la Commissione Antimafia, la quale ha accertato che all’epoca vi furono carenze investigative e possibili depistaggi della camorra. A credere nella loro innocenza anche l’ex giudice Ferdinando Imposimato che già nel 2012 con un dossier di 1400 pagine chiese la revisione del processo. I tre accusati dell’omicidio, dopo 27 anni di detenzione sono stati rilasciati per buona condotta nel 2010. Tutt’oggi la loro richiesta è che venga riaperto il caso, affinché venga fatta giustizia anche nei confronti delle vittime.

La riapertura del caso grazie a Le Iene Show

Il 12 marzo 2023, la trasmissione “Le Iene presentano: Inside” ha riacceso nuovamente i fari sul massacro di Ponticelli con un servizio dedicato in prima serata. La puntata pone molti dubbi e sottolinea le incongruenze sulle indagini e i fatti di 40 anni fa. Giulio Golia analizza i dettagli della vicenda e pochi giorni dopo chiede alla Premier Meloni di visionare tutte le informazioni raccolte in una chiavetta USB.

Nella serata del 14 marzo 2023 a Le Iene Show, Giorgia Meloni rilascerà un intervista esclusiva sul massacro delle due bambine: “Mi ha ufficialmente convinto ad occuparmene” – Ha dichiarato la Premier alle telecamere de Le Iene – “Fermo restando che le sentenze si rispettano e che abbiamo rispetto per la Magistratura. Mi ha colpito il caso, mi hanno colpito loro e mi colpisce il fatto che, semmai fosse così, c’è un altro colpevole. In uno Stato giusto se hai degli elementi oggettivi affronti eventuali errori. È possibile che magari esca fuori qualcosa che prima non c’era.” Lo scopo di coinvolgere Giorgia Meloni è quello di spingere la Procura a riaprire il caso e a trovare il vero colpevole dando giustizia a Barbara e Nunzia.

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