Nel suo ultimo interrogatorio del 7 luglio scorso, Matteo Messina Denaro si era rivolto al colonnello con aria di sfida.
Continuano le indagini approfondite, ripercorrendo gli ultimi momenti di vita del capomafia di Cosa Nostra, morto cinque mesi fa. Nei suoi ultimi giorni, Matteo Messina Denaro ha lanciato una provocazione ai magistrati e ai carabinieri del Ros durante il suo ultimo interrogatorio: era il 7 luglio 2023, quando l’ex latitante sfidava le forze dell’ordine: “E ora cosa farete?”.
La provocazione di Messina Denaro ai magistrati
Durante il suo interrogatorio, circa due mesi prima di morire, Messina Denaro chiese ai magistrati: “Finendo di cercare me, che fate ora?”. Il boss, in quel momento, si trovava in una delle stanze del carcere con il colonnello del Ros Lucio Arcidiacono: proprio a lui lanciò la provocazione.
“Quando mi hanno preso, lui (ovvero il colonnello Arcidiacono) mi disse, con un piglio di – come quando mia madre diceva, che l’ho ascoltata in qualche cosa, che era orgogliosa che non erano riusciti ad arrivare a mio padre vivo, diceva, era motivo di orgoglio per lei, nella morte di mio padre – e lui mi disse, con lo stesso piglio di mia madre: ‘Non avremmo finito mai di cercarla‘, ma io lo…se la ricorda ‘sta frase?”, aveva detto Messina Denaro all’interrogatorio della scorsa estate.
Poi, come se volesse sfidare il colonnello, il capomafia disse: “…ma io questo lo sapevo, anche perché finendo di cercare me, a chi dovevano cercare? Fatemi capire: che fate ora?“. Subito dopo, la sua avvocata ha commentato: “Va beh, non mi sembra che si siano rasserenati”., mentre Arcidiacono poi ha rassicurato entrambi dicendo: “Siamo serenissimi”.
Il mistero dei soldi e dei complici
Parole di sfida che sono emerse in un contesto di indagini incessanti, proseguite anche dopo il suo arresto e la sua morte. Le forze dell’ordine, infatti, sono ancora alla ricerca del suo covo economico e dei complici che lo hanno aiutato nei suoi trent’anni di latitanza, come la “vivandiera” e suo marito Emanuele Bonafede.
Nonostante la sua vita criminale, tuttavia, Messina Denaro ha mantenuto una vita mondana, frequentando le spiagge e facendosi tatuaggi. Ha anche parlato di sua figlia, a cui teneva molto e per la quale ha scritto dei diari che sperava un giorno le fossero consegnati. Proprio questi diari potrebbero contenere informazioni preziose sulla sua latitanza e sui suoi affari.
I documenti falsi e il disprezzo per i nuovi boss
Sempre nel corso dell’interrogatorio del 7 luglio, Messina Denaro ha inoltre rivelato che i suoi documenti falsi provenivano da Roma, descrivendo una “strada in cui vanno tutti” per procurarsi carte d’identità taroccate.
Il capomafia aveva espresso però disprezzo per i nuovi boss di Cosa Nostra, come Gino Abbate, sottolineando che i “veri mafiosi” sono ancora in libertà. “Fa più schifo di qualcuno che lo ha generato e lo fate passare per mafioso?”, diceva. Poi aveva aggiunto: “Non potete mettere menomati mafiosi, senza voler offendere i menomati. Quando cominciate a prendere basse canaglie, gente a cui non rivolgevo nemmeno il saluto e li arrestate per mafiosità, allora in quel momento il mio mondo è finito, raso al suolo”.
Le indagini hanno rivelato che Messina Denaro spendeva migliaia di euro al mese e viaggiava per affari in Italia e all’estero. A casa della sorella Rosalia sono stati trovati 135 mila euro in contanti, una somma che il boss ha giustificato come appartenente alla madre. Tuttavia, rimane il mistero su chi e cosa abbia alimentato le casse di Messina Denaro durante gli anni della sua latitanza.