Meta, X e LinkedIn nel mirino del fisco italiano: richiesto oltre un miliardo di euro di Iva per i dati personali degli utenti.
Lo sapevi che i giganti del web possono finire nel mirino del fisco? Ebbene sì, il fisco italiano ha presentato una richiesta senza precedenti a tre colossi della tecnologia: Meta, X (ex Twitter) e LinkedIn. La cifra? Oltre un miliardo di euro in pagamento dell’Iva.
La notizia, diffusa da Reuters e riportata Tgcom24, è frutto di un’indagine per frode fiscale che ha portato alla luce un’idea: i dati personali degli utenti non sarebbero solo un semplice accesso ai servizi, ma una vera e propria merce di scambio. Ma fai attenzione: sapevi che ci sono almeno 3 errori da non fare per non insospettire il fisco quando si tratta di conto corrente?

La richiesta del fisco italiano ai giganti del web
Secondo l’indagine condotta dalle autorità italiane, i dati personali forniti dagli utenti per accedere gratuitamente ai servizi digitali rappresentano un valore economico concreto. Questi dati, infatti, permettono alle piattaforme di ottenere profitti tramite pubblicità e altre attività commerciali. Per questo motivo, il fisco italiano sostiene che la cessione dei dati equivalga a una transazione economica, e quindi debba essere soggetta al pagamento dell’Iva.
In particolare, la cifra richiesta ammonta a circa 887,6 milioni di euro per Meta, 12,5 milioni per X e 140 milioni per LinkedIn, per un totale complessivo di 1,04 miliardi di euro. L’iniziativa delle autorità italiane si concentra sugli anni 2015 e 2016, periodi ormai prossimi alla scadenza, ma si apprende che l’indagine ha considerato anche i periodi 2021-2022.
La replica di Meta e Linkedln
Un portavoce di Meta, aggiunge Tgcom24, ha dichiarato di aver “collaborato pienamente con le autorità rispetto ai nostri obblighi derivanti dalla legislazione europea e nazionale“. Aggiungendo che la società: “Prendiamo sul serio i nostri obblighi fiscali e paghiamo tutte le imposte richieste in ciascuno dei Paesi in cui operiamo“. Tuttavia, Meta si è detta “fortemente in disaccordo con l’idea che l’accesso da parte degli utenti alle piattaforme online debba essere soggetto al pagamento dell’Iva“.
Per quanto riguarda LinkedIn, la piattaforma ha risposto con un secco “nulla da dichiarare“, mentre da parte di X non è giunta alcuna replica alla richiesta di commento avanzata da Reuters.