Il senatore, coinvolto ma non indagato nella maxi-indagine palermitana sullo spaccio, ha rivelato di aver chiuso con la droga.
I sei arresti per spaccio avvenuti ieri a Palermo hanno dato il via a numerose speculazioni su chi potessero essere i clienti di Mario di Ferro. Uno di questi, secondo alcune fonti, potrebbe essere Gianfranco Micciché, senatore ed ex presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana. Il politico, coinvolto nella vicenda per l’amicizia con lo chef finito ai domiciliari, non è comunque indagato dagli inquirenti.
“Non ci provo nemmeno a smentire – commenta Miccichè al Corriere -. Io, da sempre onesto, serio, non ho mai fatto del male a nessuno. Solo un errore, commesso contro me stesso. Sarei in imbarazzo se avessi rubato. Invece sono a posto con la coscienza“. Lo sbaglio a cui si riferisce il senatore è quello dell’assunzione di cocaina, un vizio che sembra non appartenergli più: “Non sniffo più, ma il test no – risponde Micciché a chi gli chiede se è ancora un tossico -. Non devo dimostrare nulla a nessuno“.
Il rapporto con lo chef
“Intanto – spiega Miccichè sul suo rapporto con lo chef ora ai domiciliari – tutti sanno a Palermo che io mangio ogni giorno nel ristorante di Mario Di Ferro, a Villa Zito. Forse non tutti sanno che c’è sempre un tavolo per me. E quando lascio Palermo avverto. Per evitare che gli resti un tavolo vuoto. Accadde quel novembre. Devo aver detto “cinque giorni”. Ma riferiti a una partenza per Milano, a un soggiorno a Gardone Riviera, Villa Paradiso, camera 142. Ecco la fattura dell’albergo, per fortuna conservata, trovata dalla mia segretaria. E sulle carte scrivono che non partivo mai“.
Quei “cinque giorni” si riferiscono ad un’espressione spesso utilizzata in alcune intercettazioni e considerata dagli inquirenti come un messaggio in codice. “Le intercettazioni? Mi chiedo: si potevano fare, visto che a fine 2022 ero senatore? Si possono pubblicare oggi? È una cosa da Paese civile? Vorrei non dirlo io, ma leggerlo su un grande giornale. Comunque, perché esce il mio nome?”, conclude Miccichè.