Chiesto rinvio a giudizio per quattro medici in merito alla morte di Andrea Purgatori: nuovi dettagli sulle indagini sul decesso del giornalista.
Emergono nuovi dettagli sulle indagini in merito alla morte di Andrea Purgatori. I pubblici ministeri della Procura di Roma, infatti, hanno richiesto un processo per quattro medici. L’accusa sarebbe quella di omicidio colposo, in relazione al decesso del giornalista. Tutte le novità inerenti al caso.
Andrea Purgatori, chiesto processo per quattro medici
In relazione alla morte di Andrea Purgatori, i pm di Roma hanno chiesto il rinvio a giudizio per quattro medici. Il giornalista, infatti, è deceduto nel mese di luglio 2023 e l’accusa contestata in tal senso è quella di omicidio colposo.

A dicembre scorso i pm di piazzale Clodio avevano chiuso le indagini nei confronti del radiologo Gianfranco Gualdi, la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo e Claudio di Biasi, nonché nei confronti del cardiologo Guido Laudani. Ora, dunque, si registra la richiesta di rinvio a giudizio e l’udienza preliminare fissata per il prossimo 19 settembre 2025.
Cosa è emerso dalle indagini
Secondo quanto sostenuto dai magistrati in no. Avrebbero elaborato correttamente i referti in merito all’esame di risonanza magnetica, datato 8 maggio 2023.
Dal lato di conclusione delle indagini, infatti, si legge che questo documento sarebbe stato “redatto con gravi imperizia, negligenza e imprudenza“, in relazione, nello specifico, al fatto che era atto a diagnosticare “senza margini di dubbio una metastasizzazione cerebrale” che, nei fatti, come sottolineano i pm, non si sarebbe mai verificata.
Inoltre, stando alle dichiarazioni, lo stesso referto avrebbe omesso “qualunque riferimento alla possibilità che le anomalie descritte fossero riferibili a lesioni di natura ischemica“.
La procura, inoltre, riferisce che il radiologo avrebbe presentato alla famiglia del giornalista “la necessità di avviare Purgatori a immediate cure radioterapiche, per affrontare la grave e prioritaria emergenza metastatica cerebrale“.
Secondo i magistrati, dunque, il giornalista si sarebbe potuto salvare in quanto la morte è stata causata da un’infezione cardiaca e, secondo l’accusa, l’endocardite, di cui era affetto il giornalista, poteva essere rilevata in tempo.