Alessia Pifferi in tribunale: “Ho lasciato sola mia figlia per paura del mio compagno”

Alessia Pifferi in tribunale: “Ho lasciato sola mia figlia per paura del mio compagno”

Accusata di omicidio volontario per la morte di Diana Pifferi, la bambina lasciata morire di stenti, sua madre si difende in tribunale.

La morte di Diana Pifferi torna, purtroppo, notizia di cronaca. Oggi, sua madre Alessia ha provato a difendersi in aula di tribunale dopo averla lasciata morire di stenti a soli 18 mesi. La donna è stata ascoltata mentre rispondeva alle domande del pm Francesco de Tommasi nel corso del processo nel quale è accusata di omicidio volontario pluriaggravato.

Morte Diana Pifferi, la madre parla in tribunale

Davanti alle richieste del pm, la Pifferi ha subito sottolineato: “Le chiedo gentilmente di non sgridarmi. Io pensavo che il latte nel biberon che le avevo lasciato in casa bastasse”.

La donna ha spiegato di sentirsi una madre a tutti gli effetti per la povera Diana: “La accudivo come una mamma accudisce un figlio: le davo da mangiare, la cambiavo, se stava male contattavo l’ospedale, la crescevo, le davo da mangiare e bere per sopravvivere”.

Ma al netto di queste affermazioni, la donna ha anche spiegato di come lasciasse la bambina sola in casa per andare dall’ex compagno che viveva in provincia di Bergamo: “Andavo da lui il fine settimana. Le prime volte la portavo, mentre altre volte la lasciavo a questa amica che non si trova. L’ho lasciata da sola pochissime volte. L’indomani tornavo a casa, di solito”.

Il ritrovamento senza vita della piccola

Parole davvero forti per quel 20 luglio 2022, quando tornata a casa, la Pifferi ha trovato la bambina senza vita: “Ho trovato mia figlia nel lettino. Era mattina, ma non ricordo l’ora. Sono andata subito da mia figlia, l’ho accarezzata e ho capito che non si muoveva perché non giocava come le altre volte”.

Secondo la donna, la piccola Diana “non era fredda” e per questo ha “tentato di rianimarla”. “Le ho fatto il massaggio cardiaco, la portai in bagno per bagnarle piedini, manine, viso e testina per cercare di farla riprendere. Il pannolino era sul letto. Andai dalla mia vicina di casa, ma non c’era nessuno nel cortile e allora andai di fronte a casa mia. Le dissi che avevo bisogno di aiuto. Vide subito la bambina, andai in panico, tremai, mi misi a piangere. Chiamai il 118 e D’Ambrosio, ma lui non venne. Avevo detto alla mia vicina di aver lasciato Diana con una baby sitter perché ero sotto choc. Andai nel panico”.

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