Nel sangue di Imane Fadil, una delle testimoni chiave del caso Ruby morta l’1 marzo scorso dopo un mese di agonia, non è stato rilevato alcun metallo a livello tossico.
MILANO – Le cause della morte di Imane Fadil rimangono ancora un mistero. La giovane, testimone chiave nel processo contro Silvio Berlusconi (caso Ruby, ndr), è deceduta lo scorso 1 marzo dopo essersi presentata in ospedale il 29 gennaio, sostenendo di essere stata avvelenata.
Gli esami tossicologici del sangue
Gli esami tossicologici eseguiti dal Centro Antiveleni dell’Istituto Maugeri di Pavia inoltrati all’ospedale Humanitas di Rozzano, dove la giovane è morta, hanno dato esito negativo.
Il direttore dell’istituto, Carlo Locatelli, ha dichiarato al Corriere della Sera che “campioni biologici della paziente sono stati inviati al centro dall’ospedale in cui si trovava ricoverata, per esami e consulenza tossicologica. È stato richiesto il dosaggio dei metalli, ossia la loro individuazione in liquidi biologici, attività che è stata effettuata, e il cui esito è stato trasmesso alla struttura che lo aveva richiesto. Esito che era ed è evidentemente protetto da privacy“. Quanto alle notizie di un sospetto avvelenamento da sostanze radioattive, Locatelli ha precisato che il suo centro “non identifica radionuclidi e non effettua misure di radioattività“.
In attesa dell’autopsia
Per fare luce sulla morte di Imane Fadil, a questo punto, bisognerà attendere l’esito dell’autopsia, attesa tra mercoledì e giovedì prossimo. L’esame sarà effettuato da un pool nominato dal Pubblico Ministero e guidato dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo.