Movida nociva alla Salute: Comuni costretti a risarcire danni

Movida nociva alla Salute: Comuni costretti a risarcire danni

Se i rumori sono troppo forti e invadenti, per la Corte di Cassazione devono essere i Comuni a dover risarcire i danni.

E’ così che la Corte di Cassazione ha risposto ad una coppia di Brescia che hanno lamentato le immissioni di rumore generate dalla piazza piena di ragazzi fino a tarda notte. Sarebbe un duro colpo anche per gli altri Comuni, che si vedrebbero costretti a risarcire ingenti danni.

Movida

I risarcimenti sulle spalle dei Comuni

La piaga del caos notturno colpisce molte famiglie in tutta Italia, ma è stata la sentenza 14209/2023 di pochi giorni fa a condannare il Comune di Brescia al risarcimento del danno in favore della coppia. Per la Cassazione, se non viene garantito il rispetto alle norme di quiete pubblica, il Comune ha il dovere di pagare i danni.

La decisione però potrebbe causare conseguenze enormi per i bilanci dei comuni, se la sentenza diventasse un’apripista anche per tutti gli altri comuni d’Italia. Per il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale (presidente anche dell’Unione delle Province d’Italia), infatti “questa sentenza attribuisce forti responsabilità, anche risarcitorie, ai Comuni”.

La vicenda iniziata nel 2012

La Corte ha accolto il ricorso presentato nel 2012 contro l’amministrazione cittadina da Gianfranco Paroli (fratello dell’allora sindaco di Brescia, Adriano Paroli) e sua moglie. La coppia aveva denunciato i continui schiamazzi soprattutto notturni che caratterizzavano il loro quartiere, in assenza di risposte da parte del sindaco.

In un primo momento, il tribunale civile obbligò il Comune a versare 50 mila euro ai due residenti, riconoscendo l’esistenza di danni biologici e patrimoniali per la movida “a causa del rumore antropico per gli schiamazzi di avventori di alcuni locali che stazionano nei pressi dei plateatici o dei locali su suolo pubblico”.

Inoltre era stato ordinato di predisporre un servizio di vigilanza con agenti per disperdere la folla entro la mezz’ora dalla chiusura dei locali. La Corte d’appello aveva quindi rovesciato il verdetto, sostenendo che il Comune non ha obblighi specifici di intervento, in assenza di norme su misura.

La terza sezione civile della Corte di Cassazione adesso ha accolto il ricorso di Paroli, sostenendo che di fronte alla tutela del privato che lamenti la lesione del diritto alla salute costituzionalmente garantito, del diritto alla vita familiare e della stessa proprietà per immissioni acustiche intollerabili provenienti da area pubblica, la Pubblica amministrazione “è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere”.

Può quindi essere condannata sia a risarcire il danno che ad agire per riportare le immissioni sotto la soglia di tollerabilità. Ora la causa è rinviata alla Corte di appello in diversa composizione, che dovrà provvedere a regolamentare le spese del giudizio di legittimità.