Mpox, bambini più a rischio con il nuovo ceppo: lo studio degli scienziati italiani

Mpox, bambini più a rischio con il nuovo ceppo: lo studio degli scienziati italiani

Uno studio condotto da scienziati italiani annuncia che il nuovo ceppo del virus mpox colpisce soprattutto i bambini.

Recenti ricerche italiane hanno evidenziato la presenza di un nuovo ceppo del virus mpox, noto come “clade I“, che sta suscitando preoccupazione per la sua capacità di colpire principalmente i bambini.

Questo ceppo, differente dal virus responsabile dell’epidemia di vaiolo delle scimmie del 2022, è attualmente al centro degli studi condotti dal La Jolla Institute for Immunology (LJI) in California.

Il nuovo ceppo di mpox colpisce i bambini: i dettagli

Il ceppo clade I del virus mpox, come riportato dall’Ansa.it, si distingue per la sua maggiore trasmissibilità.

Specialmente attraverso il “contatto pelle a pelle!, e sembra avere una preferenza per individui di età inferiore ai 15 anni.

Secondo quanto riportato dall’Ansa, questo ceppo è responsabile di casi più gravi e ha un tasso di mortalità superiore rispetto al clade II, che era prevalente durante l’epidemia del 2022.

Il virus mpox di clade I è completamente nuovo, quindi la situazione si sta evolvendo rapidamente,” ha dichiarato il professor Alessandro Sette.

Sette ha sottolineato come il comportamento di questo nuovo ceppo: “Possa cambiare le carte in tavola e influenzare una gamma più ampia di pazienti, tra cui più bambini, donne e pazienti più anziani”.  

La maggiore gravità dei casi osservati e l’ampia diffusione tra i più giovani richiedono un’attenzione particolare per comprendere le implicazioni a lungo termine e le strategie di controllo dell’infezione.

Prospettive future e sfide nella lotta al nuovo ceppo

Nonostante le incertezze, ci sono motivi per essere ottimisti. Diversamente dal virus SARS-CoV-2, che è un virus a RNA e quindi soggetto a mutazioni frequenti, l’mpox è un grande virus del DNA.

Questo implica che ha una minore probabilità di variazioni significative. “Ci aspettiamo che la maggior parte degli epitopi delle cellule T saranno intatti anche nel nuovo ceppo,” ha concluso Sette.

Suggerendo, dunque, che potrebbe non essere necessario sviluppare nuovi vaccini, ma piuttosto adattare le strategie esistenti per affrontare le nuove sfide.