Nonostante fosse stato condannato al risarcimento per il naufragio del 1997, lo Stato italiano ha chiesto il pagamento di 20mila euro.
Si tratta del naufragio del “venerdì santo”, avvenuto il 28 marzo del 1997 sul canale d’Otranto. Una nave con a bordo oltre 120 profughi di origine albanese si scontrò contro la corvetta Sibilla della Marina Militare italiana. A bordo del mezzo marittimo c’erano tantissime donne e bambini.
Dopo il naufragio, furono tantissimi i dispersi. In particolare il fratello ed un altro parente delle quattro persone protagoniste della vicenda morirono dispersi a causa della tragedia. In totale furono 81 le vittime, mentre solo in 34 sopravvissero.
Adesso, il Ministero risulta condannato al risarcimento nei confronti dei quattro familiari del disperso e della vittima, di origini albanesi ma residenti a Jesi, in provincia di Ancona. Il risarcimento ammonta a 200mila euro. Difatti, stando a quanto stabilito attraverso la sentenza, la responsabilità del naufragio del “venerdì santo” sarebbe imputabile allo Stato italiano. Sono trascorsi ormai nove anni da quando la sentenza definitiva è stata promulgata.
Il risarcimento non pagato e le cartelle esattoriali
Ad oggi però, i quattro parenti delle due vittime non hanno ancora visto nemmeno l’ombra del risarcimento. Ma non è finita qui: oltre a non aver ricevuto alcun risarcimento nonostante avessero vinto la causa, adesso sono arrivare delle cartelle esattoriali da pagare.
I familiari delle vittime sarebbero strati invitati a pagare le spese di deposito di sentenza. Si tratta di un importo complessivo di quasi 16mila euro, a cui si aggiungono altri 4mila euro di sanzione. Alla luce di questa situazione, il rischio è che si vada incontro ad una procedura esecutiva.
L’intervento del legale
Del caso si sta occupando il legale Andrea Nobili, che assiste la famiglia di Jesi di origine albanese. Il legale ha riferito: “All’esito del procedimento penale instaurato davanti al tribunale di Brindisi, confermata parzialmente dalla corte di appello con la sentenza del 2011 divenuta definitiva nel 2014 con la Cassazione è stata riconosciuta la responsabilità del Ministero della difesa e quindi dello Stato italiano. Per ottenere il risarcimento dei danni subiti e il riconoscimento dei propri diritti, a fronte dell’ostruzionismo dello Stato italiano le parti sono state costrette ad adire la giustizia civile promuovendo azione nei confronti del Ministero della Difesa davanti al tribunale e poi alla corte di appello di Lecce.”
Poi ha proseguito: “Entrambi hanno affermato la responsabilità del Ministero e quindi dello Stato condannandolo al risarcimento dei danni subiti dai familiari delle vittime del naufragio. Nonostante non fosse stato corrisposto il dovuto ai familiari delle vittime lo Stato, tramite l’Agenzia delle entrate ha domandato, individuando solo alcune delle 66 parti processuali, il pagamento dell’imposta”.
Infine ha concluso: “L’agenzia delle entrate in particolare due anni fa ha ingiunto a uno dei quattro familiari di pagare la tassa per la registrazione della sentenza di primo grado. Dopo pochissimo tempo l’Agenzia ha notificato allo stesso, lo scorso anno, una cartella maggiorata di 4.725 euro per sanzione. In tutto 20.703 euro. Una richiesta incoerente e ingiusta come ho segnalato alla stessa agenzia delle entrate. La risposta che ho ottenuto è stata sintetica e priva dei necessari approfondimenti per questo mi sono rivolto al garante che ha già chiesto chiarimenti all’agenzia delle entrate di Lecce”.