Netanyahu vedrà Trump per discutere il piano per Gaza. L’ultradestra israeliana pressa la decisione ma altri stati intervengono.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu incontrerà Donald Trump alla Casa Bianca per discutere il controverso piano americano per Gaza, che prevede il trasferimento della popolazione palestinese in Egitto e Giordania. L’incontro tra Netanyahu e Trump rappresenta un momento cruciale per le relazioni tra Israele e gli Stati Uniti.
Trump, Netanyahu e il piano per Gaza
Questa proposta, giudicata irrealistica da più parti, trova sostegno nell’ultradestra israeliana e in alcuni membri del governo di Tel Aviv, ma affronta una forte opposizione da parte di Egitto, Giordania e della comunità internazionale.
Il progetto promosso da Trump, descritto come una “migrazione volontaria” dei palestinesi, è stato elogiato da esponenti del governo israeliano. Itamar Ben Gvir, leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit, ha dichiarato: «Una delle nostre richieste è quella di promuovere l’emigrazione volontaria. Quando il presidente della più grande superpotenza del mondo, Trump, solleva personalmente questa idea, vale la pena che il governo israeliano la attui».
Anche il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich sta lavorando al progetto insieme al gabinetto di sicurezza di Tel Aviv. Secondo il quotidiano Haaretz, Netanyahu e i suoi ministri starebbero valutando come «preparare un piano operativo e garantire che la visione del presidente americano venga realizzata».
Tuttavia, Egitto e Giordania hanno respinto con fermezza il piano, temendo che Israele non permetterà mai ai palestinesi di tornare a Gaza una volta trasferiti. La visita di Netanyahu a Washington, la prima da quando Trump è tornato presidente, avrà anche lo scopo di rafforzare il governo israeliano, indebolito dalle critiche internazionali e interne.
Le reazioni globali: da Giorgia Meloni a Guido Crosetto
La proposta americana ha scatenato un dibattito internazionale. In Europa, il governo tedesco si è opposto all’idea, ribadendo che «la popolazione palestinese non deve essere espulsa da Gaza e Gaza non deve essere occupata o ricolonizzata in modo permanente da Israele».
Anche la premier italiana Giorgia Meloni ha espresso prudenza: «Trump ha ragione quando dice che la ricostruzione di Gaza è una delle sfide principali che abbiamo di fronte, e che per avere successo serve un grande coinvolgimento della comunità internazionale». Tuttavia, ha precisato: «Per quello che riguarda il tema dei rifugiati, non credo, ancora una volta, che siamo di fronte a un piano definito. Penso che siamo piuttosto di fronte a delle interlocuzioni con gli attori regionali che sicuramente su questo vanno coinvolti».
Il ministro della Difesa Guido Crosetto, infine, ha dichiarato: «Il pragmatismo di Trump parte dalla constatazione della realtà. Lancia sassi nello stagno tutti i giorni, ma sono sassi che normalmente fanno riflettere e hanno delle conseguenze e accelerano le soluzioni. Su una cosa ha ragione, Gaza ora è un cumulo di macerie, va ripulita. È un lavoro che richiederà anni. Vanno trovate delle soluzioni che consentano nel frattempo ai palestinesi di vivere in serenità». Come riportato da ilgiornale.it. Tuttavia, il piano americano per Gaza, ostacolato da complesse dinamiche geopolitiche, rimane lontano dall’essere concretizzato.