Omicidio Giulia Cecchettin: perché il mancato riconoscimento dello stalking è grave

Omicidio Giulia Cecchettin: perché il mancato riconoscimento dello stalking è grave

La sentenza per il femminicidio di Giulia Cecchettin ha escluso l’aggravante dello stalking: ecco perchè è grave.

La recente sentenza della Corte d’Assise di Venezia, che ha condannato all’ergastolo Filippo Turetta per il femminicidio della sua ex compagna Giulia Cecchettin, ha sollevato polemiche per l’esclusione dell’aggravante di stalking.

Una decisione che non solo ferisce la memoria della vittima, come scritto da Fanpage.it, ma rischia di indebolire la protezione per tutte le donne che vivono situazioni di persecuzione.

Giulia Cecchettin foto

Omicidio Giulia Cecchettin: perché il riconoscimento dello stalking

Come riportato da Fanpage.it, Giulia Cecchettin aveva raccontato chiaramente la persecuzione subita da Turetta, attraverso confidenze e messaggi alle amiche.

Aveva spiegato come l’ex fidanzato la sottoponesse a un controllo ossessivo, che condizionava profondamente la sua quotidianità. “Vorrei non avere più contatti con lui, vorrei fortemente sparire dalla sua vita“, aveva detto.

Le condotte di Filippo Turetta includevano minacce di autolesionismo, pressioni emotive e comportamenti invasivi.

Questi atteggiamenti avevano spinto la vittima a modificare il proprio modo di vivere, arrivando a nascondergli dettagli della sua vita privata per paura delle reazioni. Nonostante questo, la Corte non ha ritenuto sufficiente quanto accaduto per applicare l’aggravante dello stalking.

Il rischio dell’esclusione dell’aggravante

La decisione della Corte pone un problema non solo per la memoria di Giulia Cecchettin, ma anche per tutte le donne che si trovano oggi in situazioni simili. Come riportato da Fanpage.it, il reato di stalking, riconosciuto solo nel 2009, è spesso difficile da dimostrare nei tribunali italiani.

Questo accade perché comportamenti ambivalenti delle vittime – come il mantenimento di un contatto con il persecutore – vengono fraintesi. In realtà, sono spesso strategie di sopravvivenza, adottate per contenere le condotte aggressive del molestatore.

Lui mi viene a dire che è super depresso, che ha smesso di mangiare, che passa le giornate a guardare il soffitto, che pensa solo ad ammazzarsi, che vorrebbe morire“, raccontava agli amici la vittima di Filippo Turetta.

Tuttavia, è proprio quando ha cercato di riprendersi la propria libertà – frequentando nuove amicizie ecc – che il controllo dell’ex fidanzato è culminato nel tragico epilogo.

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