Parla il padre di Saman Abbas, Shabbar, nel carcere emiliano in attesa della prossima udienza del processo.
Dopo essere stato estradato dal Pakistan, Shabbar Abbas è arrivato in Italia dove è stato trasferito nel carcere emiliano a disposizione dell’Autorità Giudiziaria di Reggio Emilia. In attesa del prossimo processo per l’omicidio della figlia Saman, l’uomo parla per la terza volta con i suoi avvocati.
Il terzo colloquio con i legali
Shabbar Abbas, dopo aver lasciato Ismalabad, ha incontrato i suoi legali – Enrico Della Capanna e Simone Servillo – per ben tre volte. In attesa della prossima udienza programmata per l’8 settembre, gli avvocati hanno dichiarato: “Oggi per la prima volta ha potuto prendere visione di quello che hanno detto il figlio e il fratello. E’ rimasto molto stupito e ha avuto a più riprese crisi di pianto”.
Il padre di Saman – processato per l’omicidio di Saman insieme alla moglie Nazia Shaeen, ancora latitante, il fratello Hasnain Danish, e i nipoti Nomanulhaq Nomanulhaq e Ijaz Ikram – nega di avere ucciso la figlia e racconta di non sapere chi possa averla strangolata.
Omicidio Saman: “Non l’ho uccisa”
“Non è vero che Danish venne a dormire a casa mia la notte dell’omicidio. Come fanno a dire che mia figlia è stata uccisa per motivi di religione. Se fosse così sarei una bestia. E io non sono una bestia“, dichiara Shabbar smentendo le testimonianze del fratello e dei nipoti.
“Sul matrimonio sono state dette cose false. Quando vidi le foto di Saman col ragazzo, decisi di incontrare i genitori di Saqib per chiedere se acconsentissero al matrimonio, ma furono proprio loro a non dare il proprio assenso affermando che il figlio doveva sposare un’altra donna”, ha confidato l’uomo.
Poi il padre della 18enne pakistana ha aggiunto: “A mia figlia non ho mai imposto restrizioni, ma solo dato consigli. Lei non stava più bene con la famiglia, ma solo perché voleva una vita più libera, non perché le avessimo imposto un matrimonio”.