Arrivata la sentenza per l’omicidio di Saman Abbas in cui è stata coinvolta, di fatto, l’intera famiglia. Qualcosa, però, non torna.
Erano ore davvero di grande attesa per fare luce sul caso dell’omicidio di Saman Abbas, la diciottenne uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 a Novellara. Imputati per omicidio e soppressione di cadavere davanti alla Corte di assise di Reggio Emilia erano ben cinque componenti della famiglia della vittima: il padre Shabbar, lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq e la madre Nazia Shaheen, latitante in Pakistan. La sentenza, arrivata nella serata di martedì 19 dicembre, è stata. però, controversa.
Omicidio Saman Abbas: la sentenza
Alla fine, in qualche modo, e non senza polemica, giustizia è stata fatta per la povera Saman Abbas. La Corte si è pronunciata con la sentenza sulla famiglia della povera 18enne ammazzata.
La svolta più importante riguarda i cugini: scarcerati immediatamente e usciti dall’aula in lacrime. I due erano stati arrestati all’estero, perché accusati di aver partecipato al seppellimento del cadavere di Saman. Per i giudici, invece, sono risultati estranei ai fatti.
Situazione diversa per Shabbar Abbas, il padre di Saman: l’uomo è stato condannato all’ergastolo. Particolare la decisione per lo zio Danish Hasnain. Lui è stato riconosciuto autore materiale dell’omicidio di Saman ma ha avuto solo 14 anni perché ha beneficiato dello sconto di pena dovuto al rito abbreviato anche se i giudici glielo avevano negato.
Cosa non torna
Ed è in tal senso che la sentenza fa discutere. Qualcosa non torna. Infatti, come sottolineato dal Corriere, per lo zio “sono cadute le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti, con l’eccezione di quella del legame familiare contestata ai genitori”.
Di fatto, l’omicidio che in un primo momento era sembrato organizzato da tempo e addirittura “ordinato agli Abbas con una telefonata giunta dal Punjab”, sarebbe invece maturato in modo diverso e senza la premeditazione.
Ma ci sarebbe di più. Infatti, un altro punto particolare della sentenza riguarda le accuse di sequestro di persona. Nei confronti dei due genitori e dello zio, infatti, sono cadute tali accuse, mentre è stato condannato per occultamento di cadavere il solo Hasnain che – assistito da Liborio Cataliotti – grazie alla caduta delle aggravanti ha ottenuto uno sconto di pena.
Insomma, giustizia è stata fatta, forse, ma non del tutto a quanto pare.