Omicidio Sharon Verzeni: trovata l’ultima “prova” shock che inchioda Sangare

Omicidio Sharon Verzeni: trovata l’ultima “prova” shock che inchioda Sangare

Omicidio Sharon Verzeni, trovate tracce di sangue sulla bici di Moussa Sangare: l’ultima prova prima del tribunale.

I carabinieri del Ris di Parma hanno trovato tracce di sangue sul telaio della mountain bike utilizzata da Moussa Sangare, il 30enne accusato dell’omicidio di Sharon Verzeni nella notte tra il 29 e il 30 luglio.

Questa nuova scoperta potrebbe rappresentare la prova definitiva per la Procura. Quest’ultima ora si prepara a richiedere il giudizio immediato per l’uomo, già detenuto nel carcere di San Vittore.

Secondo quanto riportato dalle indagini, come scritto da Fanpage.it, l’uomo avrebbe agito senza un movente concreto, mosso da quella che lui stesso ha descritto come un’ “onda emotiva“.

Omicidio Sharon Verzeni: l’ultima prova e l’assenza di movente

Secondo le ricostruzioni, Moussa Sangare era in bicicletta quando ha incrociato casualmente Sharon Verzeni. Sarebbe sceso dal mezzo, si sarebbe avvicinato a lei e, prima di accoltellarla ripetutamente alla schiena, le avrebbe detto: “Scusa per quello che sto per fare“.

Questo gesto, tanto inquietante quanto inspiegabile, è stato definito dalla giudice per le indagini preliminari come un atto compiuto in uno stato mentale “pienamente integro“. Ma caratterizzato da una “più totale assenza di qualche comprensibile motivazione, in maniera del tutto casuale, assolutamente gratuita, per non dire addirittura capricciosa“.

Dopo l’aggressione, il presunto killer sarebbe risalito in sella alla sua bicicletta, allontanandosi rapidamente dal luogo del delitto. La fuga, tuttavia, non è bastata per evitargli l’arresto: giorni di indagini approfondite e testimonianze raccolte dai carabinieri hanno permesso di risalire a lui come responsabile dell’efferato crimine.

I segnali preoccupanti e il processo alle porte

Le indagini sull’abitazione di Moussa Sangare hanno rivelato dettagli spaventosi. Nella sua casa è stata trovata una sagoma di cartone con un volto disegnato sopra, utilizzata come bersaglio per il lancio di coltelli.

Per la gip, si trattava di un “passatempo” che, a un certo punto, sembra aver perso il suo effetto catartico, spingendo il giovane verso un gesto estremo e irrimediabile.

Ora, il killer di Sharon Verzeni dovrà affrontare un processo con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione.

Nelle prossime settimane, la Procura presenterà la richiesta di giudizio immediato, un passo che accelererà il percorso giudiziario.

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