Assassinio Via Poma, terrificante: ecco chi massacrò Simonetta Cesaroni

Assassinio Via Poma, terrificante: ecco chi massacrò Simonetta Cesaroni

Arriva la svolta decisiva sul delitto di via Poma: sarebbe stato il figlio del portiere del palazzo ad assassinare Simonetta.

L’ultima pista degli investigatori sembra ad oggi la più credibile da seguire per l’assassinio di Via Poma, sulla base degli ultimi indizi che incriminano la famiglia Vanacore. Secondo ciò che si legge in un’informativa consegnata ai pm di Roma, emerge che ad assassinare Simonetta Cesaroni sarebbe stato il figlio del portiere dello stabile dove la ragazza fu uccisa il 7 agosto del 1990.

Il presunto killer di Simonetta Cesaroni

Il mese di dicembre era terminato in maniera deludente, con l’archiviazione delle indagini sull’omicidio di Simonetta Cesaroni, che non aveva portato a informazioni utili. Ma oggi arriva veramente la svolta: sebbene non sia la prima volta che la famiglia Vanacore finisca sotto il mirino degli inquirenti. Oggi la questione si fa più chiara.

L’attenzione si concentra in particolare su Mario Vanacore, figlio del portiere dello stabile dove avvenne l’omicidio. Come si legge in un’informativa dei Carabinieri, sarebbe l’uomo il responsabile del delitto di via Poma. Tuttavia, si parla solo di “ipotesi e suggestioni” che “non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato”.

La ricostruzione dei Carabinieri sul fatto di Via Poma

Il primo ad essere accusato dell’assassinio di Simonetta Cesaroni fu Pietrino Vanacore, il padre di Mario, che fu poi rilasciato e la sua posizione fu archiviata nel 1991. Tuttavia, il sospetto di essere stato ritenuto un assassino lo tormentò a tal punto che si suicidò nel 2010.

Come riporta Repubblica, secondo le ultime ricostruzioni dei Carabinieri, il pomeriggio del 7 agosto del 1990, Mario Vanacore entrò negli uffici di via Poma. Dove l’allora 19enne lavorava come segretaria. A quel punto, avrebbe trascinato la ragazza “nella stanza del direttore” per tentare di violentarla, ma la giovane si divincolò e lo colpì ferendolo.

Quindi, Mario “reagisce, sferrandole un violento colpo al viso che la stordisce e la fa cadere a terra”. Così si sarebbe arrivati al momento dell’omicidio con “l’uomo che si impossessa dell’arma del delitto e a cavalcioni della ragazza, supina a terra, la colpisce per 29 volte“.

A coprire il figlio del portiere sarebbero stati gli stessi genitori, Pietrino e Giuseppa De Luca. Che avrebbero provato a coinvolgere invece il datore di lavoro di Simonetta, Salvatore Volponi. Fu infatti Pietrino a scoprire il cadavere della vittima “ore prima dell’ufficiale ritrovamento del corpo”.

Come dichiarano gli inquirenti, ci fu una attività “post delictum, intesa ad occultare il fatto omicidiario o quantomeno a differirne la scoperta, oppure persino ad attuare un qualche proposito di spostamento della salma dal luogo in cui fu poi rinvenuta”.

La difesa di Mario Vanacore

Mario Vanacore ha risposto alle accuse con fermezza, sostenendo di essere stanco di essere indicato come il responsabile del delitto di Simonetta Cesaroni. Ha presentato un esposto per calunnia e diffamazione, ribadendo che la sua posizione era stata esclusa tempo fa.

L’uomo ha inoltre fornito un alibi dettagliato per il giorno dell’omicidio, sostenendo di essere arrivato a Roma proprio quel giorno e di aver trascorso la giornata con suo padre e la sua matrigna. “Siamo andati in farmacia e dal tabaccaio. La mia posizione era già stata archiviata”, riferisce, aggiungendo: Ce l’hanno con la mia famiglia. Dei personaggi. Magari qualcuno che abbiamo anche denunciato”.

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