Omicidio Vanni, riaperto il caso della tassista uccisa davanti al cimitero 

Omicidio Vanni, riaperto il caso della tassista uccisa davanti al cimitero 

Iniziarono le indagini sul caso di Alessandra Vanni, ma non si arrivò mai a niente di concreto. Nel 2020, dopo 25 anni, arriva la svolta.

Alessandra Vanni era una tassista residente a Siena, che lavorava nel turno di notte. Fu una delle prime “taxi driver” italiane. Sostituiva suo zio Onofrio, che era il titolare della licenza di cui la donna usufruiva. La storia del suo omicidio risale a ben 25 anni fa: la sera del 9 agosto 1997 Alessandra Vanni iniziò come sempre il suo turno serale.

Erano passate da poco le 23 quando Alessandra prese servizio a bordo della vettura “Siena 22”, insieme a Stefano, il fidanzato anche lui tassista. Ad un certo punto, la radio a bordo di “Siena 22” diviene muta. Il fidanzato di Alessandra Vanni prova a chiamarla, ma senza ottenere alcuna risposta.

Il ritrovamento del cadavere

La donna verrà ritrovata soltanto il giorno dopo, davanti al cimitero di Castellina in Chianti, priva di vita. Il corpo di Alessandra Vanni venne ritrovato nel sedile di guida, con la testa appoggiata sul volante dell’auto.

Sul collo aveva degli evidenti segni di strangolamento. Le sue mani erano legate con una corda, che presentava un nodo particolare praticato generalmente dai marinai quando escono a pescare. A ritrovare il corpo fu un anziano, che vedendo l’auto parcheggiata davanti alle porte del cimitero si insospettì.

Iniziarono le indagini sotto la direzione della procura di Siena, ma non si arrivò mai a niente di concreto. L’incasso della serata non fu mai ritrovato, ma nonostante ciò la pista della rapina venne ben presto abbandonata dagli inquirenti.

Durante le indagini gli investigatori ricevettero una lettera anonima, imbucata in Friuli Venezia Giulia, scritta in latino: «Quis est dignus aperire librum et solvere signacula eius?». Tradotto in Italiano significa: «Chi è degno di aprire il libro e di scioglierne quei sigilli?». Secondo gli investigatori, l’asserzione “sciogliere i sigilli” si riferiva al particolare nodo con cui erano stati legati i polsi della vittima.

Nel 2020 la svolta nelle indagini

Le indagini continuarono, ma senza portare a nulla. Nel 2020 la svolta: due uomini compaiono nel registro degli indagati. Sotto le unghie della vittima, gli investigatori trovarono delle tracce di pelle. Grazie alle tecnologie che si sono evolute nel corso degli anni, forse ad oggi sarà possibile risalire ad un profilo genetico dai ritrovamenti.

Ancora non si capisce quale sia il movente che ha spinto l’omicida a togliere la vita ad Alessandra Vanni. Secondo alcune ipotesi, la donna potrebbe aver assistito a qualcosa che non avrebbe dovuto vedere dentro al cimitero.

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