La causa, intentata presso il tribunale federale di San Francisco, propone un’azione collettiva per l’abuso di opere e creazioni.
Come riferisce Reuters, OpenAi avrebbe utilizzato dati privati e informazioni protette dal diritto d’autore per “formare” il chatbot di ChatGPT. Paul Tremblay e Mona Awad, scrittori del Massachusetts hanno accusato l’azienda proponendo un’azione collettiva per l’abuso di opere e creazioni, “usate impropriamente e con violazione del copyright” per l’addestramento del sevizio di intelligenza artificiale.
Le accuse contro OpenAi
Secondo le dichiarazioni emerse, ChatGPT avrebbe estratto i dati copiati da migliaia di libri senza autorizzazione, violando i diritti di moltissimi autori. Le accuse, contenute in un documento di 157 pagine, parlano di danni potenziali per 3 miliardi di dollari.
“Nonostante vi siano protocolli consolidati per l’acquisto e l’uso di informazioni personali in rete, qui è stato adottato un approccio diverso: il furto”, affermano i sottoscrittori dell’accusa. Sotto torchio anche Microsoft, che ha investito diversi miliardi di dollari in OpenAi.
I querelanti si basano sul “Computer Fraud and Abuse Act”, una legge federale che si occupa di pirateria informatica, nell’ambito del cosiddetto “scraping” di informazioni, ovvero l’utilizzo di dati disponibili online senza il permesso dei proprietari.
Furto e arricchimento illecito di strumenti digitali
Oltre che di furto e arricchimento illecito dei suoi strumenti digitali, OpenAi viene accusata anche di violazione della privacy e dell’Electronic Communications Privacy Act.
La denuncia, secondo quanto affermato da Tremblay e Awad, stima in 300.000 libri le fonti di formazione di ChatGpt, inclusi quelli provenienti da “biblioteche online illegali” che offrono testi protetti da copyright senza autorizzazione.