Il Papa è volto in Canada per scusarsi degli abusi nei confronti delle popolazione native.
Papa Francesco è arrivato ieri in Canada, a Edmorton il capoluogo della provincia dell’Alberta. Ad accogliere il Papa in sedia a rotelle il premier Trudeau e Mary May Simon, la prima governatrice del paese di origine inuit. Papa Francesco incontra e saluta i capi delle Prime Nazioni, Metis e Inuit tra cui tre sopravvissuti agli abusi di due secoli. Il 37esimo viaggio internazionale di Bergoglio è un viaggio “penitenziale” ha ribadito lo stesso pontefice incitando a seguire questo spirito i giornalisti.
In Canada il Papa è andato “per incontrare e abbracciare le popolazioni indigene” e soprattutto scusarsi per gli abusi commessi dalla Chiesa cattolica nei loro confronti. Papa Francesco ha deciso di fare i conti con le responsabilità della Chiesa e di chi ha commesso due secoli di abusi contro gli indigeni. Nel 2015 la commissione “per la verità e la riconciliazione” ha definito questi abusi un “genocidio culturale”. Sono noti gli scandali nelle scuole residenziali in Canada dove 150mila bambini venivano rinchiusi per l’assimilazione forzata.
Il viaggio penitenziale del pontefice tra i nativi in Canada
Tra l’ottocento e il novecento ci sono stati da 3mila a 6mila morti di bambini malnutriti e picchiati scoperti solo decenni dopo nelle fosse comuni dietro le scuole, solo lo scorso anno. Delle 139 scuole, l’ultima fu chiusa solo nel 1996. Il Papa è arrivato finalmente a chiedere scusa per quegli atti osceni e sarà in viaggio per cinque giorni fino alle popolazioni Inuit alla punta del Quebec. Papa Francesco visiterà oggi una riserva e pregherà per le vittime. “Chiedo perdono a Dio, mi unisco ai vescovi canadesi nel chiedervi scusa” ha ribadito il pontefice.
È un momento storico importante per i sopravvissuti del sistema scolastico residenziale e del danno causato dalla Chiesa cattolica. Siamo stati colpiti tutti da questo sistema, direttamente o indirettamente. Queste scuse riconoscono quanto abbiamo vissuto e creano un’opportunità per la Chiesa di riparare ai rapporti con i popoli indigeni in tutto il mondo. Ma non finisce qui: c’è molto da fare. È solo un inizio