Chi rischia di andare in pensione a 70 anni: i settori più vulnerabili e le prospettive previdenziali per specifiche categorie di lavoratori.
Con l’aumento dell’aspettativa di vita e le pressioni sui sistemi previdenziali, il dibattito sull’età pensionabile si fa sempre più acceso. Le ipotesi di un innalzamento a 70 anni, infatti, hanno già fatto emergere diverse preoccupazioni, soprattutto per quei lavoratori impiegati in settori considerati usuranti o particolarmente impegnativi sul piano fisico e mentale. Edilizia, sanità e servizi pubblici rappresentano, infatti, le categorie più vulnerabili per lo scenario che potrebbe delinearsi. Cosa c’è da sapere.
Pensione dopo i 70 anni: i settori più esposti al rischio
Alcune categorie di lavoratori potrebbero andare in pensione a partire dai 70 anni in su. Uno dei campi, soggetto a questo tipo di percorso, è l’edilizia, comparto in cui l’età avanzata è difficilmente conciliabile con le condizioni lavorative che sono richieste.
In questo campo, come è facile da immaginare, il lavoratore è sottoposto, continuamente, a forzi fisici, esposizione alle intemperie e rischi per la sicurezza: prolungare l’attività lavorativa fino a 70 anni, infatti, non è sempre possibile, anche perché tale scenario varia in base anche alle condizioni fisiche del lavoratore.
Stesso discorso vale anche per il comparto della sanità – in particolare per infermieri, operatori socio-sanitari e personale di pronto soccorso – sui quali, nella maggior parte dei casi, il carico emotivo e fisico è elevato e spesso comporta turni notturni e ritmi serrati.

C’è da dire, che – allo stato attuale delle cose – i lavoratori, per andare in pensione, devono accumulare almeno 20 anni di contributi e avere un’età di 67 anni.
Anche nei servizi pubblici, soprattutto per chi è impiegato in ruoli operativi sul territorio o in turnazione, l’ipotesi di un pensionamento tardivo fanno sorgere dubbi sulla sostenibilità di tale misura sul lungo periodo.
Pensionamento anticipato e previdenza integrativa
Per tutelare i lavoratori impegnati in attività pesanti e gravose, però, esistono – al giorno d’oggi – varie misure che consentono l’accesso al pensionamento anticipato.
La legge italiana prevede l’uscita anticipata per i cosiddetti lavori usuranti e gravosi, a determinate condizioni anagrafiche e contributive. La platea di chi può effettivamente beneficiarne è spesso limitata da requisiti stringenti e procedure burocratiche complesse.
In questo contesto, la previdenza complementare può essere una soluzione da tenere in considerazione, affiancata alla pensione pubblica e ai fondi pensione.
Tali strumenti, infatti, sono utili al fine di costruire un futuro più sereno, soprattutto per le nuove generazioni e per i lavoratori autonomi e/o con carriere discontinue.
Investire fin da giovani nella previdenza integrativa – infatti – permette, dunque, di colmare i possibili gap previdenziali e di affrontare – con maggiore flessibilità – un eventuale incremento dell’età pensionabile.