Pomodoro Made in Italy: la paura per l’import cinese

Pomodoro Made in Italy: la paura per l’import cinese

Alle frontiere nazionali aumentano del 50% le importazioni di concentrato di pomodoro cinese che costa la metà di quello italiano.

E’ arrivato il periodo di raccolta del pomodoro in Italia. Ma a causa del cambiamento climatico, che ha portato in diverse zone alluvioni e grandinate, la produzione quest’anno si è ridotta notevolmente. In questo scenario, a preoccupare il Paese è l’invasione dei pomodori cinesi che giungono alle frontiere nazionali con prezzi più accessibili.

Agricoltura

A causa del maltempo l’Italia rischia di produrre ancora meno dei 5,6 miliardi di chili previsti per il 2023. Un cattivo presagio per la filiera ortofrutticola, che per il Paese rappresenta un ruolo fondamentale per circa 10 mila lavoratori fissi e oltre 25 mila stagionali.

L’invasione del pomodoro cinese

E intanto, alle frontiere nazionali aumentano del 50% le importazioni di concentrato di pomodoro cinese che costa la metà di quello tricolore: questo, grazie allo sfruttamento dei prigionieri politici e della minoranza musulmana degli Uiguri nello Xinjiang.

E’ quanto riferiscono i dati del World Processing Tomato Council, secondo cui la Cina supera l’Italia con una produzione da 7,3 miliardi di chili nel 2023.

Costi di produzione superiori al 30%

“La corsa dell’energia e delle materie prime in Italia si riflette sui costi di produzione del pomodoro superiori del 30% rispetto alle medie storiche, anche per il gap delle infrastrutture logistiche di trasporto; il tutto mentre agli agricoltori viene pagato solo fra i 15 e i 17 centesimi al chilo”, sottolineano Coldiretti e Filiera Italia.

I rincari degli ultimi mesi sono serviti solo “a coprire parzialmente i costi in continua crescita”, denuncia Marco Serafini, presidente Anicav, che evidenzia come i prezzi sull’agricoltura hanno visto aumenti fino al 40% rispetto allo scorso anno, portando il prezzo medio di riferimento del pomodoro tondo a 150 euro/ton sia al Nord che al Sud”.

Come precisano Coldiretti e Filiera Italia, per una bottiglia di passata da 700 ml che costa 1,6 euro solo il 9,4% riguarda il valore riconosciuto al pomodoro in campo. Mentre il 90,6% del prezzo è il margine della distribuzione commerciale, i costi di produzione industriali, il costo della bottiglia, dei trasporti, il tappo, l’etichetta e la pubblicità

“Violazione dei diritti umani”

“L’aumento della produzione di pomodoro da industria cinese e la differenza di prezzo hanno determinato la ripresa di fenomeni fraudolenti di difficile individuazione data l’alta diluizione a cui il prodotto è sottoposto per l’ottenimento dei diversi derivati del pomodoro”, sottolinea Coldiretti.

I pomodori cinesi sono inoltre coltivati per l’80% nella regione dello Xinjiang “dove il governo pratica da tempo politiche di repressione e genocidio della popolazione locale e lavori forzati nei campi agricoli. Una violazione dei diritti umani confermata anche dall’Onu e dallo stesso Parlamento europeo”, spiegano i due presidenti Coldiretti e Filiera Italia.