Ponte Morandi, svolta clamorosa: la sentenza è vicina
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Ponte Morandi, svolta clamorosa: la sentenza è vicina

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Svolta clamorosa nel caso del Ponte Morandi: la giustizia per le vittime si avvicina.

Dopo la pausa di dieci giorni riparte il maxiprocesso per la strage del Ponte Morandi che causò la morte di 43 persone, il 14 agosto 2018. Verso la fine della nuova udienza, la clamorosa svolta. Uno degli avvocati difensori rinuncia a 100 testimoni sui circa 300 previsti. La giustizia per le vittime si fa più vicina, la sentenza ora, potrebbe arrivare entro un anno.

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Sforbiciata ai testimoni delle difese

Alcuni degli avvocati difensori dei 58 imputati in causa per il crollo del Ponte Morandi hanno dichiarato di voler rinunciare ad almeno 100 testimoni degli oltre 300 indicati inizialmente. La sforbiciata ai testimoni iniziali rappresenta una svolta clamorosa per il processo che ora potrà infatti procedere molto più spedito.

Dovendo sentire un numero molto ridotto di testi in aula, la sentenza, a questo punto, potrebbe già arrivare entro massimo un anno. La fase cruciale resta comunque quella in cui i consulenti di parte e i periti si affronteranno sulle cause del crollo dell’infrastruttura che ha causato morti, dolore e shock nell’opinione pubblica generale.

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Le audizioni in aula

Il processo è ripartito ieri ma già ha mostrato qualche problema di fondo, soprattutto per quanto riguarda le udienze andate “a vuoto”. Infatti, molti testimoni si trovano impossibilitati a comparire in aula a causa di problemi di notifiche con le raccomandate, in alcuni casi mai pervenute o notificate.
Nell’udienza di ieri, dei cinque testimoni chiamati in causa ne sono arrivati solamente due.

Le dichiarazioni di due testimoni

Il primo teste ad essere ascoltato è stato Mario Campedelli, in Spea dal 1968 e negli anni ’70, invece, in forza presso gli uffici direzione lavori e manutenzione straordinaria.
Il geometra ha parlato di controlli, affermando che alla fine degli anni ‘70 le opere venivano controllate tramite radiografie e tramite la cosiddetta “macchina del vuoto“.

Questa particolare attrezzatura, serviva ad “aspirare” aria dall’interno della zona dove fare manutenzione. Una volta aspirata l’aria, nella zona veniva poi iniettata la resina. Nel caso invece di danni più critici, al posto della resina venivano messi cavi esterni, ha spiegato ai giudici il geometra.

Il secondo teste sentito è Andrea Vecchi, responsabile dell’ufficio ponti e strutture di Rfi. L’uomo ha raccontato le modalità di ispezione sulle opere: “Eseguiamo visite generali, ogni sei anni, fatte con macchinari appositi. Poi ci sono le visite principali, fatte ogni 3 anni, che consistono in una ispezione approfondita con aggiunta di analisi dei difetti. Le visite ordinarie, invece, avvengono annualmente e possono essere svolte con binocoli e torce” ha concluso il teste.

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ultimo aggiornamento: 13 Dicembre 2023 10:01

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