Un Sanremo “libero” dalla cultura woke? Nicola Porro e Giuseppe Cruciani esultano, ma il loro entusiasmo non convince tutti.
Nicola Porro e Giuseppe Cruciani esultano: finalmente un Sanremo senza “monologhi woke”, senza dichiarazioni antifasciste e senza “genocidi” citati sul palco. La loro celebrazione della “purezza” musicale del Festival di Sanremo 2025, però, più che un’analisi critica, sembra una provocazione bella e buona.

Porro e Cruciani gongolano per il Festival “senza cultura woke” di Conti
Nel corso di Un tavolo per due, spazio di discussione all’interno di Quarta Repubblica su Rete 4, i due giornalisti hanno tirato le somme di questa edizione del Festival, sottolineando la sua distanza dalle precedenti targate Amadeus.
Secondo loro, questa sarebbe finalmente un’edizione “liberata” dalle istanze sociali e culturali degli ultimi anni, che invece erano state protagoniste nelle edizioni passate.
Porro non usa mezzi termini: “Un Sanremo stupendo! Senza Ghali, senza genocidi, senza i monologhi di questa ceppa. Un Sanremo favoloso dove ci sono solo le canzoni. Non sono riuscito a trovare una dichiarazione antifascista”.
Un entusiasmo che lascia perplessi, soprattutto perché ignora il fatto che la musica e l’arte sono sempre state espressioni politiche e sociali. Ridurre il Festival a una semplice competizione canora senza alcun tipo di riflessione culturale appare come un tentativo di rimozione piuttosto che un’analisi oggettiva.
L’indignazione per le polemiche femministe
Cruciani rincara la dose: “La cosa più ridicola del mondo sono le accuse a non so chi di avere portato in finale solamente cinque uomini”. Secondo il giornalista de La Zanzara, parlare di “Patriarcanto” – termine usato da Libero per criticare la mancanza di donne tra i finalisti – sarebbe assurdo.
La giuria e il televoto, a suo dire, hanno giudicato solo la qualità delle canzoni, senza alcun pregiudizio di genere.
Ma davvero è così? Parlare di discriminazione di genere nel mondo dello spettacolo non è un vezzo femminista, ma una realtà ben documentata. Ignorarlo, deriderlo o ridurlo a una “polemica inutile” è una narrazione che continua a minimizzare un problema sistemico.
Il festival sovranista? La replica agli intellettuali
E non finisce qui. Cruciani attacca anche chi ha definito Sanremo 2025 un festival “sovranista”: “Qualche altro scalmanato, tipo Saviano, ha detto che è un festival sovranista perché non c’erano i monologhi, non c’era la polemica politica, e meno male. Ma chi se ne fotte?”.
Insomma, per Cruciani e Porro la cultura e l’impegno sociale non devono avere spazio in un evento popolare come Sanremo. Ma possiamo davvero fingere che la musica sia solo intrattenimento e non anche espressione delle trasformazioni della società?
La musica come specchio della società
La musica non è mai solo musica. È cultura, è storia, è lotta. Ignorarlo significa non solo banalizzare un evento che ha sempre avuto una sua rilevanza sociale, ma anche dare spazio a una narrazione conservatrice che vuole cancellare ogni forma di progresso e inclusività.
Che piaccia o meno a Porro e Cruciani, la cultura woke non è un fastidio, ma una necessità, perché è grazie a essa che oggi si può parlare di diritti, di inclusione, di rispetto.
E se Sanremo vuole davvero essere il Festival della Canzone Italiana, non può chiudere gli occhi sulla realtà che lo circonda.