Congestione nei Porti Europei: l’invasione delle auto elettriche cinesi crea problemi logistici

Congestione nei Porti Europei: l’invasione delle auto elettriche cinesi crea problemi logistici

Come la congestione nei porti europei causata dalle importazioni di auto elettriche cinesi sta creando gravi problemi logistici.

In un recente report del Financial Times, l’attenzione si focalizza su un problema crescente che sta colpendo i porti europei: l’eccessiva congestione causata dalle automobili elettriche, in particolare quelle di provenienza cinese. Il fenomeno sta trasformando i terminal portuali in veri e propri parcheggi a lungo termine, aggravando le già critiche condizioni logistiche del continente. Come riportato quattroruote.it

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L’accumulo nei porti: una strategia o una necessità?

I costruttori di automobili, con i cinesi in testa, stanno sfruttando i parcheggi dei terminal portuali per ovviare al rallentamento delle vendite e ai problemi logistici interni. Porti come quello di Anversa-Bruges si trovano al centro di questa problematica. Le auto non vengono solo scaricate ma rimangono nei parcheggi portuali a lungo, spesso per mancanza di trasporto adeguato o di bisarche per il loro spostamento. Questo uso prolungato dei parcheggi porta alla domanda: è una mera strategia di stoccaggio o una necessità imposta dalle circostanze attuali?

Impatti e reazioni: dal caos logistico alle richieste portuali

La situazione nei porti europei è ormai diventata caotica. Il porto di Bremerhaven e altri terminal importanti risentono di questo sovraccarico. Ad esempio, la decisione tedesca di interrompere gli incentivi alle auto elettriche ha ulteriormente complicato la gestione degli stocchi. Anche le difficoltà incontrate dai nuovi produttori cinesi, quali Byd e Chery, nell’adattarsi alle esigenze logistiche europee, contribuiscono a questo intasamento. Le autorità portuali ora richiedono documentazione aggiuntiva per gestire meglio questi nuovi “depositi” improvvisati.

La situazione è esacerbata dalla necessità di queste compagnie di mantenere attive le proprie fabbriche in Cina, spingendo all’esportazione nonostante le capacità logistiche insufficienti. Il risultato? Ritardi e frustrazioni crescenti tra i gestori dei terminal e i distributori, con la Norvegia e l’Italia tra i più colpiti.