Don Giuseppe Rugolo è stato condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione dal tribunale di Enna per violenza sessuale aggravata su minori.
Il tribunale di Enna ha pronunciato la sentenza: don Giuseppe Rugolo, il sacerdote al centro delle accuse per violenza sessuale aggravata nei confronti di minori, è stato condannato a 4 anni e 6 mesi di carcere. Questo esito giunge dopo un’indagine meticolosa, scaturita dalla denuncia coraggiosa di una vittima, che oggi ha superato la soglia dei trent’anni.
Il processo e le accuse
La vicenda si dipana all’interno della comunità di Enna, con accuse gravi che hanno visto come scenario la sagrestia della Chiesa di San Giovanni Battista. Qui, secondo quanto emerso, le violenze avrebbero avuto luogo tra il 2009 e il 2013. La denuncia parte da A. M., un giovane che all’epoca dei fatti era minorenne e che aveva espresso il desiderio di entrare in seminario. Trovandosi invece ad affrontare una realtà drammaticamente diversa.
La sua testimonianza non solo ha scosso le fondamenta della comunità ecclesiastica locale ma ha anche incoraggiato ulteriori indagini, che hanno portato alla luce presunti abusi su altri giovani. Nonostante la difesa di Rugolo, che ha portato alla denuncia per diffamazione nei confronti del giovane denunciante. Di quattro giornalisti e del presidente di Rete l’Abuso, Francesco Zanardi, il tribunale ha emesso una sentenza che segna un punto di non ritorno nella lotta contro gli abusi su minori.
Le parole del Pm e la vittoria del coraggio
Il Pubblico Ministero Stefania Leonte, che aveva richiesto una condanna a dieci anni, ha sottolineato come, al di là della sentenza, il vero trionfo sia quello del coraggio. Il coraggio di un ragazzo che ha deciso di non rimanere in silenzio di fronte all’orrore vissuto. Affrontando il timore di non essere creduto e il pregiudizio della comunità. Una denuncia mossa da un senso di dovere verso sé stesso e verso gli altri che hanno subito simili soprusi.
La condanna di don Giuseppe Rugolo rappresenta dunque non solo la conclusione di un capitolo giudiziario ma anche un messaggio forte contro la violenza sessuale su minori. È un monito alla società affinché simili atrocità non restino impunite e perché le vittime sappiano che la loro voce può e deve essere ascoltata.