Dopo anni di persecuzioni, un prete ottiene giustizia: una parrocchiana di 72 anni è stata condannata per stalking.
Un incubo fatto di pedinamenti, telefonate senza sosta e accuse infondate, capace di sconvolgere la vita di un prete per anni. Il protagonista di questa storia è un sacerdote di 55 anni, perseguitato da una parrocchiana di 72 anni, recentemente condannata a 2 anni e 2 mesi di carcere per stalking. Nonostante una precedente condanna definitiva, la donna ha continuato a tormentarlo, costringendolo a cambiare città più volte per sfuggire alle sue ossessioni.
E mentre questa vicenda giunge a una conclusione con una condanna definitiva, un’altra storia inquietante arriva da Piacenza, dove una donna è stata arrestata con coltelli, martelli e acido.
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L’inizio della persecuzione e il primo trasferimento del prete
Tutto ha avuto inizio nel 2015, come riportato da Fanpage, quando il sacerdote ha incontrato la donna nella Basilica di Sant’Antonio a Padova. In quell’occasione, l’imputata gli aveva confidato di essere gravemente malata e di avere soltanto quattro mesi di vita. Riuscendo così a ottenere il suo numero di telefono con la scusa di ricevere conforto spirituale.
Tuttavia, ben presto le chiamate sono diventate continue e invadenti, trasformandosi in un vero e proprio incubo per il sacerdote. Per sottrarsi a questa situazione, il prete ha chiesto e ottenuto un trasferimento a Bologna.
Ma la donna non si è fermata: lo ha rintracciato e ha ripreso con i messaggi e le chiamate, che talvolta arrivavano anche a mille al giorno. A questo si sono aggiunte accuse pesantissime e infondate nei confronti del sacerdote, che l’imputata ha diffuso sia in procura sia sui social media, denunciandolo per violenza sessuale.
L’incubo prosegue tra Bologna e Genova
Nonostante il supporto degli altri religiosi, la situazione per il sacerdote è peggiorata, tanto da richiedere un aiuto psicologico. La vittima ha dovuto cambiare radicalmente le proprie abitudini di vita per proteggersi dalla sua persecutrice. Ma neanche il trasferimento successivo a Genova, nella parrocchia di San Francesco di Albaro, è bastato a fermare la donna.
Il 21 settembre 2021, l’imputata si è ripresentata nella parrocchia, iniziando nuovamente a telefonare senza sosta, giorno e notte, per poter incontrare il sacerdote. A quel punto sono partite le indagini, culminate con il processo e la condanna definitiva.
Davanti ai giudici, il sacerdote ha raccontato il suo dramma: “La mia vita è diventata un incubo“. Per cercare di difendersi, ha persino installato un sistema per bloccare le chiamate, ma senza successo: “Ogni volta lei cambia numero e ricominciava. Ho avuto paura, la mia vita era in pericolo perché potevano mandarmi via dall’ordine“. La persecuzione ha lasciato segni profondi nel religioso, che ha confessato di aver perso fiducia nelle persone: “Non riesco ad uscire, non riesco ad entrare in contatto con la gente“.