Le ultime rivelazioni sul caso Giulio Regeni. Un audio di 18 minuti incrimina gli agenti egiziani e svela nuovi dettagli.
L’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano torturato e ucciso in Egitto nel 2016, continua a essere oggetto di intense indagini e rivelazioni. Recentemente, un audio di 18 minuti è emerso come una prova cruciale che potrebbe incriminare quattro agenti dei servizi segreti egiziani. La Procura di Roma ha chiesto l’acquisizione di questo audio alla Corte d’Assise, che potrebbe svelare nuovi dettagli sul coinvolgimento delle autorità egiziane nel depistare le indagini.
L’audio e il passaporto di Giulio Regeni
Secondo quanto riportato, l’audio contiene la testimonianza di un individuo che rivela come un colonnello della polizia investigativa egiziana fosse in possesso del passaporto di Giulio Regeni prima di effettuare una perquisizione nell’abitazione di un membro di una presunta banda criminale. Questa banda era stata ingiustamente accusata dell’omicidio di Regeni e successivamente eliminata dalle forze dell’ordine. Il passaporto e altri oggetti personali di Giulio furono deliberatamente posizionati in quell’appartamento per creare una falsa pista investigativa. Come ripreso da open.online
Depistaggi e manipolazioni dei video di sorveglianza
L’indagine ha anche rivelato che i file video della metropolitana del Cairo, in particolare quelli relativi alla fermata del quartiere Dokki, dove il telefono di Giulio è stato localizzato per l’ultima volta, sono stati manipolati. Gli esperti del Racis e della Polizia Scientifica hanno scoperto che i file video del 25 gennaio 2016, giorno della scomparsa di Regeni, erano stati cancellati. Come riferito da open.online
Inoltre, altri file presentavano date di modifica che non corrispondevano alle date di creazione originali, indicando una chiara manomissione. Nonostante i tentativi di recuperare i file, rimane un “buco” di 18-20 minuti tra le 19:49 e le 20:08 di quella sera.
Nel corso delle udienze, il procuratore aggiunto ha dichiarato che un testimone chiave, noto come “testimone z”. Non potrà testimoniare in Italia per timori di ritorsioni. Questo cittadino egiziano ha fornito informazioni vitali, ma è stato arrestato in passato da uno degli imputati. La docente dell’Università di Cambridge, che faceva da tutor a Giulio, sarà invece ascoltata in videoconferenza dopo l’estate. I genitori di Giulio, tramite il loro avvocato, hanno espresso la loro determinazione nel far emergere la verità, sottolineando i continui depistaggi da parte delle autorità egiziane.