La legge Golfo-Mosca: un primo passo verso l’equilibrio
Le cosiddette quote rosa sono state introdotte in Italia nel 2011 con la legge nota come “Golfo-Mosca”, dal nome delle sue relatrici, le parlamentari Lella Golfo e Alessia Mosca.
La norma nasceva per favorire l’accesso del genere sottorappresentato – le donne – nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate in borsa e di quelle a controllo pubblico.
Quote crescenti e un’Italia pioniera in Europa
Inizialmente, la quota era fissata a un quinto (20%) dei membri, poi innalzata a un terzo (33%) e, infine, per le sole società quotate, portata a due quinti (40%).
Fu una legge pionieristica: l’Italia fu la prima in Europa ad adottare un sistema di questo tipo, successivamente recepito anche dall’Unione Europea.
L’Europa si muove: la Direttiva 2022/2381
Solo negli ultimi anni il tema dell’equilibrio di genere nei Cda è diventato centrale nel panorama legislativo europeo. In questo senso, la Direttiva (UE) 2022/2381 – nota come Gender Balance on Corporate Boards Directive – rappresenta un passo decisivo per promuovere una maggiore rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate in tutta l’Unione.
Perché serviva un intervento europeo
L’intervento si è reso necessario perché, nonostante l’aumento del numero di donne nei board aziendali, i progressi sono stati disomogenei. Nei Paesi che, a differenza dell’Italia, non avevano introdotto quote vincolanti, la situazione era stagnante.
Obblighi per gli Stati membri e tempistiche
Con la nuova normativa, che gli Stati membri hanno dovuto recepire entro il 2024, le società quotate dovranno raggiungere entro il 30 giugno 2026:
- almeno il 40% di presenza del sesso sottorappresentato tra gli amministratori non esecutivi;
- oppure il 33% di rappresentanza complessiva nei consigli di amministrazione.
Esclusioni e limiti della normativa
Sono escluse dall’obbligo le società con meno di 250 dipendenti. Inoltre, la Direttiva – così come già la legge Golfo-Mosca – non si applica alle aziende non quotate.
Un limite significativo, considerando che in Italia la gran parte del tessuto produttivo è composto da piccole e medie imprese.
Impatto atteso in Italia
Nel nostro Paese, la Direttiva riguarderà circa 377 società quotate. Di queste, si stima che 124 dovranno modificare la composizione dei propri Cda per raggiungere almeno il 33% richiesto.
Un’occasione da estendere anche alle PMI
Si tratta di un passo avanti importante. Tuttavia, considerando che una maggiore rappresentanza di genere contribuisce a superare stereotipi culturali e a promuovere una leadership inclusiva – con benefici per l’intera azienda e tutti gli stakeholder – il fatto che le nuove norme continuino a escludere le società non quotate rappresenta un limite da non sottovalutare.
Una questione che dovrebbe essere al centro dell’agenda del legislatore italiano.