Il Rally dell’oro è finito?

IL RALLY  DEL PRIMO SEMESTRE

L’oro è stato protagonista di una performance eccezionale nei primi sei mesi di quest’anno, arrivando a guadagnare il 25% . Se a gennaio 2016 il prezzo dell’ oro era infatti in area 1.070/1.080 dollari/oncia arriva a superare la soglia dei 1.370 dollari nei giorni successivi alla Brexit. In una situazione di incertezza finanziaria l’ oro viene da sempre considerato un bene rifugio e anche in questa circostanza si è confermato tale. Secondo alcuni analisti però la performance avrebbe potuto assumere dimensioni ancora maggiori se non ci fossero stati alcuni fattori che hanno concorso al  “limitare” il rally.

Un primo fattore da ricordare è che l’ oro si compra in dollari e la valuta statunitense si è apprezzata di circa il 2% contro le principali altre valute determinando in questo modo un costo maggiore per gli acquirenti non americani. In secondo luogo l’inflazione resta bassa in America come negli altri Paesi e la Brexit  fa crescere i rischi al ribasso. Dal momento che l’acquisto dell’oro è motivato dal voler proteggere il potere d’acquisto della propria moneta, la situazione attuale determina che non vi sia una grande spinta da parte degli investitori a tutelarsi contro l’aumento dei prezzi.

LA DISCESA DEL MESE DI OTTOBRE

Se già durante l’estate il prezzo dell’ oro ha dato i primi segni di cedimento, nel mese di ottobre ha già inanellato 8 sedute negative che ne hanno portato il prezzo a livello pre-Brexit scendendo in zona 1.250 dollari. Una delle cause di questa importante battuta d’arresto rilevata dagli analisti è senza dubbio la minor domanda di oro da parte della Cina che è uno dei principali importatori. Parallelamente l’attesa di un imminente rialzo dei tassi USA determinerebbe un minore interesse a focalizzarsi sui metalli preziosi.

Queste sarebbero alcune delle ragioni per cui l’ oro resta sì una materia prima appetibile ma forse non vi sono più i presupposti per cui si riesca a raggiungere a breve la soglia dei 1.400 dollari né tantomeno ripetere l’exploit del 2011 quando le quotazioni superarono i 1.900 dollari (massimo storico); in quel caso infatti lo scenario politico-economico era assai diverso e i timori per la crisi dell’Euro molto evidenti nel tessuto economico.

Altri articoli dell’autore      L.D.R | UNICASIM