Il caso di Cristina Mazzotti 47 anni fa scosse l’Italia. La 18enne era stata segregata in una buca e drogata per giorni.
Una nuova inchiesta della Procura di Milano, la terza, riapre il caso di Cristina Mazzotti con quattro nuovi indagati. Questi ultimi farebbero parte della malavita milanese vicina alla ‘ndrangheta. All’epoca dei fatti il sequestro della ragazza di soli 18 anni sarebbe avvenuto a scopo di estorsione e poi finito in omicidio. Cristina Mazzotti è la prima donna ad essere rapita dall’Anonima sequestri al Nord Italia.
Se gli inquirenti hanno deciso di riaprire il caso è perché gli elementi nuovi fanno ben sperare. Il tentativo è quello di dare giustizia a Cristina Mazzotti, vittima dei suoi aguzzini. I pm di Milano Alberto Nobili e Stefano Civardi avrebbero contestato a quattro persone legate alla ‘ndrangheta l’omicidio volontario della ragazza “segregandola in una buca senza sufficiente aerazione e possibilità di deambulazione, somministrandole massicce dosi di tranquillanti ed eccitanti”.
Il tutto nelle stesse ore in cui il padre della ragazza stava pagando il riscatto. Gli indagati sono: Demetrio Latella, Antonio Talia, Giuseppe Calabrò e Antonio Romeo. I quattro si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Il sequestro, le indagini e l’omicidio
Il rapimento di Cristina Mazzotti è avvenuto la sera dell’1 luglio 1975 mentre la ragazza si trovava fuori dalla sua abitazione di Eupilio (Como). Ad Helios, padre della ragazza, venne chiesto un riscatto di 5 miliardi di lire. Dopo un mese l’uomo riuscì a raccogliere 1 miliardo e 50 milioni che diede ai rapitori. L’1 settembre successivo una telefonata anonima indica ai Carabinieri il luogo in cui scavare: una discarica di Galliate (Novara).
Il corpo di Cristina era lì, deceduto dopo un mix letale di farmaci. Cominciò il primo processo a Novara, che si concluse con 13 condanne di cui 8 ergastoli indirizzati a dei fiancheggiatori ma non agli esecutori materiali dell’omicidio. Nel 2007 emerse un’impronta digitale di Demetrio Latella ma il gip respinse la richiesta di arresto per mancanza di esigenze cautelari.
Latella ammise di essere uno dei sequestratori. Il caso venne archiviato nel 2012, mentre sequestro e omicidio caddero in prescrizione. Nel 2015 una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione aveva indicato come imprescrittibile il reato di omicidio volontario.