Il partito Rifondazione comunista rischia di sparire perché si rifiuta di pagare l’Imu ed è rimasta fuori dal 2×1000.
Il partito nato dalle ceneri del Pci, Rifondazione Comunista, sta avendo problemi con l’Imu, la tassa sugli immobili. Gli esponenti hanno un patrimonio immobiliare di 7 milioni di euro tra fabbricati e terreni secondo il bilancio del 2021. Ma si rifiuta di pagare l’Imu. Il segretario del partito Maurizio Acerbo ha lanciato un appello, secondo quanto riporta il Giornale, sul fatto che Rifondazione è stato escluso dal finanziamento pubblico, il 2×1000.
«Noi veniamo esclusi dal 2×1000 mentre formazioni che hanno ottenuto assai meno voti di noi ma si trovano nei due poli principali non hanno problemi» dice il segretario di Rifondazione comunista. Le cifre da pagare sono esorbitanti, nonostante il partito abbia venduto la sede di proprietà in via del Policlinico a Roma. «Paghiamo complessivamente oltre 150 mila euro, per proprietà comprate con i sacrifici dei militanti. Dall’Imu per legge sono escluse, giustamente, associazioni ed enti no profit che svolgano attività sociali». Per questo ora Rifondazione comunista chiede di esentare i partiti dall’Imu «come si fa per le chiese e l’associazionismo».
“Ci tocca pagare l’Imu”: la richiesta di esenzione del partito
Il partito è in grave difficoltà economica e se non scomparirà del tutto, sicuramente sarà costretto a ridurre su scala locale e nazionale la sua attività. Nelle ultime legislatura Rifondazione comunista non è riuscito nemmeno ad entrare in Parlamento se non per qualche sparso parlamentare nel gruppo misto.
«Ci tocca pagare ogni anno un’enorme cifra come tassazione Imu per il nostro patrimonio immobiliare di sedi, acquistate grazie alle sottoscrizioni volontarie di militanti e simpatizzanti» dice Acerbo. Non sono mancate le critiche perché da sempre il partito invoca la patrimoniale e più tasse per chi ha tanto, in questo caso sono tante le proprietà in possesso del partito e la richiesta di esenzione dall’Imu fa gridare a molti all’ipocrisia.