I sindacati chiedono una riforma che vada oltre il vecchio sistema, così da avere maggiore flessibilità in uscita.
L’impasse riguardo alla riforma delle pensioni è ormai un fatto confermato e sembra improbabile un’accelerazione a breve termine. In autunno, quando si dovranno stabilire le fondamenta della nuova legge di bilancio (sarà la seconda del governo Meloni), si potrà probabilmente avere maggiori informazioni. Entro quel periodo, il governo sarà obbligato a delineare le novità in vista del 2024.
Possibile fine della legge Fornero?
Durante la campagna elettorale, il centrodestra aveva promesso di porre fine alla legge Fornero. Tuttavia, gli esperti sostengono che riscriverla in base alla nostra attuale situazione demografica peggiorerebbe le cose nel breve termine. Nel Documento di economia e finanza, che indica le linee guida per la prossima manovra, non sono stati stanziati fondi per superare la Fornero.
Trovare una soluzione che soddisfi la logica, le esigenze dei lavoratori e la sostenibilità finanziaria sarà estremamente difficile. È chiaro che non sarà possibile optare per quota 41 per tutti a breve termine, né quest’anno né probabilmente l’anno prossimo, poiché non ci sono ancora le risorse finanziarie necessarie. L’ambiziosa riforma delle pensioni proposta rimane un proposito a lungo termine.
L’incontro tra governo e parti sociali
Il dibattito riguardo alle pensioni è dunque aperto e oggi si terrà un incontro tra il governo e le parti sociali per discutere proprio di questo tema. Il tempo scorre veloce e alla fine dell’anno scade il regime di quota 103. Senza interventi rapidi, la legge Fornero potrebbe fare il suo ritorno.
Questa legge, voluta dall’ex ministro del lavoro e delle politiche sociali nel governo Monti, Elsa Fornero, prevede l’età di pensionamento a 67 anni, che può essere anticipata con una riduzione dell’assegno per gli uomini con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi alle spalle e per le donne con 41 anni e 10 mesi.
I sindacati chiedono una riforma che superi il vecchio sistema e consenta una maggiore flessibilità in uscita, a partire dai 62 anni o con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età. Tuttavia, i costi sono elevati.
Il governo Meloni ha come obiettivo l’anticipazione del pensionamento dopo 41 anni di contributi, senza tener conto dell’età anagrafica, entro la fine della legislatura. Al momento, tuttavia, non è stata trovata la copertura finanziaria necessaria per realizzare questo piano. Inoltre, alla fine dell’anno anche la quota 103 cesserà di essere operativa, pertanto il governo dovrà trovare una soluzione per consentire l’uscita anticipata dal lavoro anche nel 2024, previa consultazione con i sindacati.
Opzione donna e ape sociale
Cosa potrebbe accadere con l’ape sociale? La Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone, ha annunciato la possibile estensione del sistema attuale nei mesi scorsi. Sembra esserci un consenso all’approccio che dal 2024 verrà gradualmente ampliato il bacino dell’ape sociale, modulandolo in base alla disponibilità delle risorse. Al momento, l’ape sociale è stata prorogata fino al 31 dicembre 2023 e riguarda disoccupati a lungo termine, caregiver, invalidi al 74% e addetti a lavori gravosi.
La proroga dell’opzione donna è stata estesa fino al 2023. Essa permette alle lavoratrici di uscire anticipatamente se hanno acquisito un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e un’età anagrafica di almeno 60 anni entro il 31 dicembre 2022.