Continuano i lavori per le riforme sul Fisco. Proposto un accordo per piccole imprese per avere le tasse fissate per 2 anni, ma l’ultima parola spetta al Senato.
Continuano i lavori per andare a creare quello che Giorgia Meloni aveva chiamato un “fisco amico”. Dopo l’approvazione ottenuta dalla Camera, la legge delega di riforma dell’amministrazione finanziaria è ora al vaglio del Senato ed in particolare della sua Commissione Finanze, che deciderà se e quali emendamenti proposti dai partiti accettare.
Tra le misure da prendere in esame, c’è il concordato preventivo biennale, pensato per i soggetti di piccole dimensioni. Vediamo di cosa si tratta.
Cos’è il concordato preventivo biennale
La proposta contenuta nella legge delega può essere definita come “un patto di fiducia proposto dallo Stato, che favorisce i contribuenti virtuosi”, riprendendo le parole di Elbano de Nuccio, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili riportate da Il Messaggero.
Si tratti in effetti di un vero e proprio accordo che il Fisco offre ai soggetti di piccole dimensioni, come le piccole imprese e i lavoratori autonomi con partita Iva. L’Agenzia delle Entrate propone una cifra, che rimarrà fissa per 2 anni, e il contribuente potrà decidere di accettarla, e quindi di conoscere in anticipo l’ammontare delle tasse che dovrà versare nel biennio successivo.
Tale cifra verrà calcolata dall’agenzia di riscossione tributi sulla base del reddito lordo che prevede avrà il soggetto negli anni interessati, partendo dai dati a sua disposizione. Accettare l’offerta non sarà obbligatorio, ma bisognerà tenere conto di due potenziali vantaggi: il primo è che probabilmente ci saranno meno controlli da parte del Fisco su chi prenderà parte al concordato. Il secondo è che, se alla fine dei due anni il reddito è risultato maggiore (o minore) rispetto a quello stimato dall’agenzia, ciò non verrà considerato e non dovranno essere versate ulteriori somme.
Chi può accedere al concordato con il Fisco
Il testo della legge delega dice che il concordato è destinato a “contribuenti di piccola dimensione“, ma non si conoscono ancora con precisione le categorie che rientrano in tale definizione. In attesa dei decreti legge che fisseranno tutti i dettagli, comunque, possiamo ipotizzare che si tratterà delle piccole imprese, come locali e bar, e dei lavoratori autonomi con partita Iva.
Probabile che venga preso in considerazione un tetto massimo di fatturazione, così come potrebbero accedere all’accordo con il Fisco solo coloro che sono ritenuti affidabili ed in regola, secondo i criteri Isa, ossia gli Indicatori Sintetici di Affidabilità. Lo dice Il Messaggero: lo Stato è pronto a dare fiducia solamente a chi ha alti indici di correttezza.
Per questo, chi dovesse accettare la proposta dell’Agenzia delle Entrate, dovrà comunque continuare ad adempiere agli obblighi riguardanti la dichiarazione dei redditi e le varie pratiche fiscali, e dovrà pagare l’Iva secondo i criteri di sempre. Pena lo scioglimento del concordato.