Omicidio Roberta Siragusa: le rivelazioni shock sulla chat con l’amico

Omicidio Roberta Siragusa: le rivelazioni shock sulla chat con l’amico

Per un anno Roberta Siragusa aveva documentato le ferite causate dalla violenza del fidanzato Pietro Morreale.

Roberta Siragusa, la 17enne uccisa dal suo ex fidanzato nella notte tra il 23 e il 24 gennaio 2021 a Caccamo, quattro giorni prima di morire aveva inviato un messaggio ad un suo amico confessando la sua paura più grande, che sapeva si sarebbe realizzata. “È un bastardo, ho paura, non lo lascerò mai, mi ammazzerà”.

giudice martello tribunale

Una relazione tossica, violenze psicologiche che avevano reso impossibile la fuga di Roberta da quella gabbia in cui viveva con il fidanzato, Pietro Morreale. Sapeva di non poter scappare via perché avrebbe rischiato di essere uccisa, anche se restare al suo fianco significava già morire. Poco dopo, la sua paura più grande si è realizzata.

“Mi ammazzerà”

Le parole che emergono dalle chat intercettate di Roberta Siragusa sono terribili, piene di terrore e dolore. Esse sono state le prove inconfutabili che hanno portato la Corte d’Assise a chiedere la condanna all’ergastolo di Pietro Morreale, 21enne accusato dell’omicidio della 17enne.

Secondo le ricostruzioni, la ragazza avrebbe subito diverse violenze da parte del fidanzato e, il 20 gennaio 2021, raccontava ad un suo amico: “Voleva ammazzarmi, ha aperto il cofano e ha preso una corda e degli attrezzi e mi veniva contro, mi sento male…”, aggiungendo “per farlo calmare gli ho dovuto dire che lo amo, che non lo lascerò mai, mi sono sentita morire… È un bastardo, ho paura, non lo lascerò mai, mi ammazzerà…”.

La soluzione più facile, che gli consigliava anche l’amico, era di lasciare Morreale. Ma per Roberta era impossibile, perché “se lo lascio non posso fare neanche più una passeggiata da sola, mi ammazzerà… Se devo lasciarlo devo farlo davanti ai miei, perché se lo faccio quando siamo soli mi ammazza davvero…”.

Roberta documentava le violenze

Di frequente Roberta, in un solo anno, aveva inviato al suo amico foto e video delle lesioni e le ferite che gli provocava Morreale. Per 33 volte la ragazza ha raccontato “di violenze subite all’amico”. Poi spiega la Corte d’Assise che “il 5 agosto 2020 aveva mandato un occhio nero, il 27 settembre successivo faceva vedere segni sul corpo, il 3 ottobre raccontava di essere stata afferrata per il collo e picchiata e aveva mandato altre foto, l’11 ottobre altre foto con segni sul corpo”.

Nel processo la famiglia si è costituita parte civile con l’assistenza dei legali, insieme Comune di Caccamo, difeso dall’avvocato Maria Beatrice Scimeca, e alcune associazioni contro la violenza di genere.

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