I genitori hanno trovato la domanda in un test per individuare i disturbi specifici dell’apprendimento.
Ai genitori degli alunni della scuola elementare Borsi-Saffi di Roma è stato chiesto di compilare un questionario per identificare nei figli eventuali disturbi specifici dell’apprendimento. All’interno del test, tuttavia, una domanda ha fatto scalpore: “Di che razza è il bambino?“. Il preside della scuola ha tentato di arginare il problema: “Nessun intento discriminatorio, si tratta di questioni standard“.
C’è divisione sul termine utilizzato
Il test è il “Questionario sul comportamento del bambino“, ed è stato distribuito lunedì scorso ai genitori delle classi di seconda elementare della scuola. Si tratta di un test standard, usato per individuare eventuali disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), come dislessia o disgrafia. Sono stati forniti in modo gratuito da Centro Clinico Marco Aurelio di Roma.
I genitori si sono divisi sull’uso della parola “razza”. Alcuni hanno espresso le loro obiezioni e hanno chiesto di riformulare la domanda. Altri, invece, ritengono che la terminologia scientifica non possa essere considerata razzista, come una madre intervistata dal Corriere della Sera.
Il “Child Behavior Checklist” di Achenbach
Il Child Behavior Checklist for Ages 6 – 18, è stato creato da Thomas M. Achenbach, professore di psichiatria e psicologia all’Università del Vermont. Ha fondato l’Aseba Research Center for Children, Youth and Families, un’organizzazione no-profit.
Il questionario è stato pubblicato per la prima volta nel 2001 ed è ora utilizzato in tutto il mondo. La versione originale include la sezione per il gruppo etnico o la razza del bambino, termini che nell’aggiornamento del questionario sono stati sostituiti.
Una scelta del tutto “tecnica”
Infatti Giuseppe Romano, psicologo del Centro Marco Aurelio, lo conferma. “Nell’aggiornamento la voce ora è nazionalità. La scelta di usare il vecchio modello è puramente tecnica e semplicemente non ho pensato al termine, proprio perché in buona fede“.
Il preside della scuola commenta: “È il secondo anno che diamo l’opportunità alle famiglie di fare questo test e nessuno si è mai lamentato. Anzi abbiamo sempre avuto riscontri positivi. Non c’è alcun intento discriminatorio“. Infine afferma: “Per i bambini è un’opportunità. Basta entrare nelle nostre aule per capire il livello di inclusività di questa scuola“.