Schlein-Bonaccini: un compromesso figlio di logiche da vecchia politica
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Direttore: Alessandro Plateroti

Schlein-Bonaccini: un compromesso figlio di logiche da vecchia politica

Stefano Bonaccini

Il retroscena sull’accordo che ha portato alla scelta del nuovo Presidente e sulle difficoltà di cambiare l’anima correntizia del Pd

L’accordo su Stefano Bonaccini alla presidenza del Pd conferisce un’immagine di unità e collaborazione al nuovo corso targato Elly Schlein. In realtà, le cose stanno in maniera piuttosto diversa. Inizialmente, la neosegretaria avrebbe voluto affidare al rivale sconfitto il ruolo di vice, che lui ha rifiutato per due motivi fondamentali. Il primo è di natura, diciamo così, di immagine, perché si sarebbero invertiti i ruoli che in Regione Emilia Romagna vedevano lui presidente e lei vice. Il ribaltone sarebbe stato troppo plateale. Il secondo è più politico, perché se Stefano Bonaccini avesse accettato il ruolo di numero 2 si sarebbe di fatto impegnato sostenere la linea politica della segretaria. Cosa che lei ovviamente sperava e che invece non sarà per nulla scontata.

Elly Schlein
Elly Schlein

Pur senza sopravvalutare il ruolo del presidente del partito, che quasi sempre è stato meramente formale e poco incisivo, Stefano Bonaccini potrà esprimere le sue posizioni con maggiore libertà, anche svincolandosi dalle scelte che Elly Schlein compirà di passo in passo. La stessa logica vale per la segreteria, che la giovane leader vorrebbe di tipo “unitario”, ovvero con dentro un po’ tutti gli esponenti delle varie correnti, allo scopo di limitare i contrasti interni. Stefano Bonaccini, che di fatto è il nuovo capo della minoranza, su questo è disponibile, ma mentre la componente cattolica è pronta ad aderire alla proposta (come dimostrano le parole di Pierluigi Castagnetti, che di fatto rinuncia alla paventata scissione), ci sono forti mal di pancia in Base Riformista, la corrente degli ex renziani. Non che il loro ingresso sia impossibile, ma se avverrà sarà solo a valle di una complicata trattativa, nella quale entreranno in gioco anche i posti di capogruppo a Camera e Senato. La nuova maggioranza spinge per Francesco Boccia e Peppe Provenzano (a meno che quest’ultimo non venga confermato vicesegretario), la minoranza chiede la conferma di almeno una delle uscenti (Debora Serracchiani e Simona Malpezzi) e in alternativa fa il nome di Alessandro Alfieri per il Senato.

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La trattativa tra le correnti del Pd: “Nei circoli abbiamo vinto noi”

La ratio che sta dietro questo confronto, a tratti anche più aspro di quanto sia emerso sui giornali, è molto semplice. Nonostante il magnifico concession speech di Stefano Bonaccini nella sera delle primarie, la sua area non ha accettato granché bene il ribaltone, frutto anche del coinvolgimento di tanti elettori non tesserati per il Pd. Il mantra che viene ripetuto al Nazareno è “nei circoli abbiamo vinto noi”, che per logica conseguenza comporta il fatto di essere considerati soci paritari e non azionisti di minoranza della “ditta” 2.0.

Dietro questo tipo di ragionamento, tuttavia, ci sono tutte le difficoltà che Elly Schlein si trova di fronte, nella sua missione di rivoltare il Pd come un calzino. E’ chiaramente questo il mandato che le è stato affidato dai simpatizzanti di un partito arrivato all’ultima spiaggia e che per continuare a vivere deve compiere una vera e propria inversione a U rispetto alle liturgie del passato. Segretari ben più esperti di lei sono stati schiacciati dallo scontro tra i capicorrente e dalle battaglie per le poltrone. La sfida di tenere la barra dritta in questa tempesta è certamente impegnativa, ma non sorprendente.

Elly Schlein e Giorgia Meloni: due sfide diverse, altrettanto difficili

Elly Schlein sapeva benissimo a cosa sarebbe andata incontro, candidandosi alla guida del partito. Semmai, stupisce che siano gli altri a non avere ancora capito la portata di questa svolta epocale, quanto meno in potenza. Eppure, basterebbe guardare i dati delle iscrizioni, con oltre 7.500 tessere Dem sottoscritte nella prima settimana dell’era-Schlein. Di queste, solo un terzo sono rinnovi, mentre i due terzi sono nuovi iscritti che vanno a rinforzare – e modificare – la famosa base, reduce da anni di sconfitte e delusioni.

Non bastasse questo, un altro segnale eloquente arriva dal sondaggio Ipsos (realizzato per iI Corriere della Sera), che vede Elly Schlein come seconda leader politica più apprezzata in Italia, dietro solamente a Giorgia Meloni. Un dato impressionante, anche perché una cifra rilevante degli intervistati (il 30%) dice di non conoscere ancora bene la nuova segretaria del Pd: questo significa che, nei confronti di chi la conosce, la novità funziona eccome. Ed ha quindi ampi margini di crescita.

Un cambiamento epocale, anche per quanto riguarda l’equilibrio di genere. Mai era successo nella storia d’Italia che due donne fossero al vertice della classifica dei politici più stimati. Vedremo se, come successo ad altri fenomeni (da Matteo Renzi a Matteo Salvini), a un’ascesa molto rapida seguirà un declino altrettanto fulmineo. Il rischio c’è per entrambe. Giorgia Meloni si sta scontrando con le difficoltà che incontra chiunque governi, aumentate dagli inciampi di una squadra priva di esperienza e con qualche skill discutibile. Elly Schlein invece sta cercando di convincere i maggiorenti Dem, autori essi stessi del proprio declino, ad autorinnegarsi per incarnare quella rivoluzione che il popolo delle primarie le ha chiaramente chiesto. Fatto il nuovo Pd, bisogna fare i nuovi democratici. Auguri.

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ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023 17:37

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