Nell’ambito dell’inchiesta sulla scomparsa di Kata, le indagini si concentrano sul racket legato all’occupazione abusiva dell’ex hotel Astor.
Le indagini degli inquirenti hanno portato alla scoperta di diversi reati di cui sono stati accusati quattro cittadini peruviani. Tra questi anche Chiclo Alvarez, zio materno della piccola Kata scomparsa lo scorso 10 giugno dall’ex hotel Astor.
Le accuse
Le indagini, nell’ambito dell’inchiesta sulla sparizione della piccola Kata di 5 anni, riguardano l’episodio dello scorso 28 maggio: un occupante dell’ex hotel Astor, per paura di essere ucciso, precipitò da una finestra dello stabile per sfuggire a un’aggressione.
I reati commessi sono di estorsione, tentativi di estorsione e rapina (tra il novembre 2022 e il 28 maggio 2023), e di tentato omicidio e lesioni gravi ai danni di occupanti. La struttura era stata occupata abusivamente nel settembre 2022 da cittadini peruviani e rumeni.
Il pestaggio nell’ex hotel Astor
Nello specifico, quattro indagati avrebbero attuato un primo pestaggio con una mazza da baseball, minacciando di morte una coppia nel caso in cui non avesse lasciato la stanza. Dopo, gli aggressori avrebbero proseguito le violenze nei confronti di altri occupanti di una stanza vicina, per tornare incappucciati nella stanza della coppia.
Intimorendo con le minacce verso la vittima designata, questa si era appesa con la mani al davanzale della finestra facendosi cadere al suolo.
Indagato lo zio di Kata
Il 17 e il 18 giugno scorso era già stato eseguito il decreto di sequestro preventivo, emesso dal giudice delle indagini preliminari dell’ex Hotel Astor, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Le indagini, che si collocano nel percorso investigativo per individuare i sequestratori di Kata, hanno portato a quattro misure cautelari da parte della Squadra Mobile della Questura di Firenze.
Tra i quattro indagati c’è anche lo zio materno della bambina scomparsa, Chiclo Alvarez. I reati sono stati compiuti nel quadro di un’illegittima attività di compravendita del diritto di occupare le stanze della struttura alberghiera.
Alle persone che volevano entrare veniva attuata la riscossione di somme dai 600 ai 700 euro, anche con il ricorso alle minacce.