Sentenze Consiglio di Stato, archiviazione per Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi era stato iscritto nel registro degli indagati per corruzione sulle sentenze del Consiglio di Stato.

ROMA – Sentenze consiglio di stato, si chiude l’indagine nei confronti di Silvio Berlusconi. La Procura di Roma aveva iscritto sul registro degli indagati il Cavaliere in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato che nel 2016 gli ha tolto l’obbligo di cedere la quota detenuta in Banca Mediolanum. Secondo i magistrati quella decisione potrebbe essere stata ‘aggiustata‘. Insieme a lui sono finiti nel mirino dei giudici anche altre tre persone coinvolte in questa vicenda.

Corruzione, indagato Silvio Berlusconi

La notifica emessa dalla Procura era un atto dovuto per procedere con le indagini che nelle prossime settimane potrebbero vedere i primi interrogatori. Gli inquirenti vogliono capire meglio le responsabilità delle persone coinvolte in questa vicenda.

Silvio Berlusconi (fonte foto: https://www.facebook.com/SilvioBerlusconi)

Silvio Berlusconi indagato a Roma per corruzione nella sentenza del Consiglio di Stato

Secondo quanto ipotizzato dalla Procura di Roma alcuni giudici avrebbero accettato dei soldi per cambiare la decisione del Tar. Il tribunale amministrativo aveva imposto al Cavaliere di cedere le quote della Banca Mediolanum che valevano intorno al miliardo di euro. Ma nel 2016 il Consiglio di Stato aveva rivisto questa sentenza, accogliendo il ricorso del leader di Forza Italia.

Proprio la decisione di Palazzo Spada è finita nel mirino dei magistrati che hanno aperto un’indagine per una possibile corruzione. Oltre a Silvio Berlusconi nel registro degli indagati sono stati iscritti un giudice, un avvocato e un ex funzionario di Palazzo Chigi. A casa di quest’ultimo diversi anni fa sono stati trovati 250 mila euro più le copie di alcune sentenze del Consiglio di Stato.

Accolta la richiesta di archiviazione

Nel mese di aprile (2019) la Procura di Roma ha avanzato la richiesta di archiviazione per Berlusconi e degli altri indagati.

Secondo i giudici, non c’è prova che l’ingente somma di denaro (250.000 euro) fosse destinati al giudice per influenzare la sentenza.

Nel mese di giugno è stata accolta la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura in favore degli indagati.