Mafia, sequestrati 13 supermercati a Carmelo Lucchese

Mafia, sequestrati 13 supermercati a Carmelo Lucchese

Sequestrati 13 supermercati a Carmelo Lucchese. Sigilli a beni per 150 milioni di euro: “E’ imprenditore colluso con i clan”.

PALERMO – Sequestrati 13 supermercati a Carmelo Lucchese. Il blitz della Guardia di Finanza è scattato nelle prime ore di giovedì 18 febbraio 2021. Le Fiamme Gialle hanno messo i sigilli a beni per 150 milioni di euro perché “imprenditore colluso con la criminalità organizzata“.

Le attività, come scritto da La Repubblica, continueranno il proprio lavoro gestite da un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale. Un’indagine che proseguirà nelle prossime settimane per accertare meglio l posizione dell’imprenditore.

Le accuse

Non è la prima volta che Lucchese finisce nel mirino delle forze dell’ordine. Nel 2014 il pentito Sergio Flama aveva accusato l’imprenditore di essere vicino ai clan. Dichiarazioni che non avevano fatto scattare le indagini. A far aprire il fascicolo sono state le rivelazioni di Filippo Bisconti.

Inchiesta che ha portato al sequestro di beni per 150 milioni di euro e i sigilli a 13 supermercati. “Ha operato sotto l’ala protettrice di Cosa Nostra“, si legge in uno dei passaggi dell’ordinanza della Procura. Per gli inquirenti, non c’è prova che soldi delle famiglie mafiose siano finite nelle casse delle società di Lucchese, ma l’imprenditore si sarebbe rivolto ai clan per liberarsi di alcuni soci e sbaragliare la concorrenza.

Guardia di Finanza

Il sequestro

Il sequestro è scattato nelle prime ore di giovedì 18 febbraio. I sigilli sono stati messi a 13 supermercati dell’imprenditore siciliano perché “colluso con la mafia“. Le attività, comunque, proseguiranno il proprio lavoro gestite da un giudice amministrativo dominato dal Tribunale.

Nei prossimi giorni le indagini proseguiranno per cercare di ricostruire meglio la posizione di Lucchese. Al momento, non sembra essere possibile documentare l’entrata dei soldi di Cosa Nostra nella società dell’imprenditore, ma, secondo gli inquirenti, l’indagato si sarebbe rivolto ai clan per allontanare alcuni soci e battere la concorrenza. E l’interrogatorio sarà fondamentale per chiarire quanto accaduto.