Gli oggetti di Moussa Sangare, tra cui il coltello usato nell’omicidio di Sharon Verzeni, saranno analizzati dai Ris: cosa stanno cercando.
Sebbene Moussa Sangare, reo confesso dell’omicidio di Sharon Verzeni, abbia già ammesso di essere il responsabile dell’omicidio, gli inquirenti proseguono il lavoro per consolidare le prove.
Recentemente, la procura ha inviato i vestiti e altri oggetti appartenuti del presunto assassino ai Ris di Parma. Quest’ultimi incaricato di svolgere analisi irripetibili sui reperti.
Tra gli oggetti in questione vi sono i vestiti indossati durante l’omicidio, braccialetti e il coltello che l’assassino avrebbe utilizzato per uccidere la giovane donna.
Caso Sharon Verzeni: le analisi del Ris e la loro importanza
Gli esami condotti dal Ris di Parma sono definiti “irripetibili” poiché, come riportato da Notizie.virgilio.it, distruggono il campione originale.
Per tale motivo, la loro esecuzione richiede la presenza degli avvocati difensori dell’accusato, in modo da garantire la correttezza del processo.
Queste analisi sono fondamentali per fornire conferme scientifiche su quanto avvenuto, nonostante la confessione di Sangare.
La procura, infatti, non può basarsi solo sulle dichiarazioni dell’imputato per chiudere il caso: sarà necessario dimostrare l’omicidio con l’aggravante dei futili motivi.
Secondo quanto emerso, Moussa Sangare non aveva un movente preciso per l’omicidio di Sharon Verzeni. L’uomo ha ammesso di aver scelto la vittima “a caso“, senza alcuna ragione specifica.
L’obiettivo della procura è consolidare le prove a sostegno di questa tesi per assicurarsi che le aggravanti vengano riconosciute in sede processuale.
Il ritrovamento degli oggetti nel fiume Adda
Dopo l’omicidio, Moussa Sangare ha cercato di liberarsi degli oggetti che indossava, gettandoli nel fiume Adda all’altezza di Medolago, un paese situato tra la sua residenza a Susio e Terno d’Isola.
Tra questi oggetti vi erano i vestiti, i braccialetti e altri effetti personali che saranno ora analizzati dal Ris per rilevare tracce di sangue o altre prove utili alla ricostruzione dei fatti.
Il coltello, invece, non è stato gettato nel fiume. Il presunto assassino di Sharon Verzeni ha confessato di averlo conservato intenzionalmente.
“Non l’ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì“, ricorda. L’assassino ha anche aggiunto di voler tenere l’arma come un macabro ricordo dell’atto commesso.