Erdogan sostiene l’avanzata dei ribelli siriani verso Damasco, mentre Putin invita i cittadini russi a lasciare la Siria.
La crisi siriana si aggrava, con Erdogan che supporta apertamente l’avanzata dei ribelli jihadisti verso Damasco e Putin che invita i cittadini russi a evacuare la Siria. La situazione geopolitica si fa sempre più complessa, aumentando l’instabilità nella regione.
Erdogan: “Determinare insieme il futuro della Siria”
Dal 27 novembre scorso, i ribelli filo-turchi hanno avviato una marcia inarrestabile, conquistando Idlib, Hama e Homs, e avvicinandosi sempre di più alla capitale Damasco. In un intervento con la stampa nella mattina del 6 dicembre, Erdogan ha dichiarato: “Dopo Idlib, Hama e Homs, ovviamente l’obiettivo sarà Damasco. La marcia delle forze di opposizione continua. Ci auguriamo che questa avanzata in Siria prosegua senza incidenti o problemi”.
Il presidente turco ha inoltre rivelato di aver tentato un dialogo con Assad, senza successo: “Abbiamo lanciato un appello ad Assad. Gli abbiamo detto: ‘Determiniamo insieme il futuro della Siria’, ma sfortunatamente non abbiamo ricevuto una risposta positiva”.
Nel frattempo, l’aviazione russa ha intensificato i bombardamenti sui ribelli in avvicinamento a Homs, cercando di rallentarne l’avanzata. Sul fronte sud-orientale, invece, le Forze Democratiche Siriane (FDS), coalizione a maggioranza curda, hanno preso il controllo del valico strategico di Al Bukamal, mettendo in difficoltà le forze governative e i loro alleati iraniani, che si stanno ritirando da alcune aree di Deir ez-Zor.
Putin e la fuga dei russi dalla Siria
Mentre i ribelli avanzano, l’ambasciata russa a Damasco ha diffuso un allarme invitando i cittadini russi a lasciare immediatamente il Paese. In una breve dichiarazione pubblicata su Telegram, Mosca ha parlato della “difficile situazione politico-militare” e consigliato di “lasciare il Paese con voli commerciali attraverso gli aeroporti esistenti”.
Anche Israele si prepara ad affrontare eventuali ripercussioni: l’esercito ha rafforzato le difese lungo il confine siriano, inviando truppe aggiuntive sulle alture del Golan e aumentando la prontezza operativa. Nel frattempo, Libano e Giordania hanno chiuso i confini con la Siria, aggravando la crisi umanitaria per i profughi.
Un possibile fronte comune tra ribelli jihadisti e forze curde sembra profilarsi all’orizzonte, ma resta incerto se tale alleanza possa concretizzarsi a causa delle divergenze ideologiche. Tuttavia, secondo Mazloum Abdi, leader delle FDS: “Vogliamo una de-escalation con Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e altre parti e risolvere i nostri problemi attraverso il dialogo”.
Sul versante opposto, il leader di HTS, Abu Mohammad al-Jolani, ha ribadito l’obiettivo principale: “La Siria merita un sistema di governo istituzionale, non uno in cui un singolo sovrano prende decisioni arbitrarie. L’obiettivo della rivoluzione è il rovesciamento di questo regime”.