Il riscatto di Ghali: da un’adolescenza difficile, attraverso la musica, è arrivato il successo.
Sono un italiano, un italiano vero. Sì è proprio la canzone manifesto di Toto Cutugno, interpretata a Sanremo, serata delle cover, da Ghali, rapper di origini tunisine ma nato a Milano.
Infanzia e adolescenza terribili, l’immancabile bullismo, poi la musica, il successo, il riscatto.
Fin qui tutto bellissimo, quella strofa indimenticabile diventata sul palco un altro manifesto, quello della storia che cambia, quello dell’inclusione, del sentirsi italiano anche se hai sangue del nord Africa.
Lo ius soli realizzato dall’arte , oltre la politica , le norme e l’ideologia. Poi la sera dopo , sempre Sanremo 2024, sempre Ghali al termine della sua canzone in gara grida: stop al genocidio.
Apriti cielo, l’ambasciatore di Israele si arrabbia, l’AD della Rai Sergio fa leggere un comunicato di scuse e di solidarietà a Israele a Mara Venier durante la Domenica in -in trasferta sanremese.
La palla di neve, però, già rotola ormai a valle, ad arrabbiarsi stavolta sono i pro-Palestina che manifestano davanti alla sede Rai di Napoli. L’AD Sergio finisce sotto scorta. Come se non bastasse il segretario del Papa, Parolin, dice che la redazione di Tel Aviv al massacro del 7 ottobre è stata sproporzionata. Non usa il termine genocidio ma Israele si arrabbia di nuovo.
Intanto sul tema Meloni e Schlein dialogano, ed è la prima volta dopo un muro contro muro su tutto per lunghi mesi. Chiaro, non confondiamo i piani, sennò davvero devo riesumare la felice battuta di Capezzone, la striscia di Ghali, dove anziché delle persone e delle cose si fa massacro dell’intelligenza . La vicenda reale è troppo delicata e drammatica anche per l’ironia linguistica.
Ci sono 30 mila vittime palestinesi e una pace che non si vede da nessuna parte. Il 7 ottobre Hamas ha compiuto una strage e Netanyau per vendetta rischia di cancellare i palestinesi di Gaza, anche quelli che non c’entrano niente.
C’è chi pensa sia un genocidio, ma gli ebrei di Israele pensano a loro volta che li si voglia cancellare dalla terra. Per stare però alla nostra riflessione, che è sul discorso pubblico e il suo linguaggio, semplifichiamo un po. Lasciamo agli artisti dire ciò che vogliono. Poi nel merito li correggeremo. Con buon senso. Viva la democrazia.