Stock car: definizione e caratteristiche

Stock car: definizione e caratteristiche

Vetture di serie modificate per partecipare a gare agonistiche, le stock car nascono negli Stati Uniti durante gli anni del Proibizionismo.

Il mondo dell’automobilismo è un universo complesso e ricco di sfaccettature. Le competizioni agonistiche, infatti, sono molteplici e si differenziano le une dalle altre per una vasta gamma di caratteristiche, dal contesto di competizione (asfalto, off-road o misto), dalle regole di gara e dal tipo di vettura utilizzata. Naturalmente, anche l’area in cui si svolge la competizione determina un certo grado di specializzazione: nell’America Centro – Settentrionale, ad esempio, esiste la NASCAR, ovvero la National Association for Stock Car Auto Racing, che deve parte della propria denominazione alle ‘stock car‘, il particolare tipo di auto utilizzato nelle manifestazioni organizzate dall’associazione. Vediamo di seguito di cosa si tratta.

Cosa sono le stock car

Secondo la versione online del ‘Cambridge Dictionary’, una stock car è “un’automobile ordinaria che è stata resa più potente e veloce in modo tale da poter essere guidata in corse speciali“. Queste ultime vengono spesso indicate come “stock car racing“. La definizione fornita dal sito del Collins Dictionary, invece, è leggermente diversa: “una vecchia auto che ha subito delle modifiche così da essere adatta alle corse in cui di solito le auto si scontrano tra di loro“.

Benché in origine avesse un significato diverso, poiché identificava vetture non modificate, la locuzione ‘stock car’ oggi indica un’auto prodotta in serie e modificata, da vari punti di vista, per poter competere in ambito agonistico.

La principale differenza rispetto ad un modello da competizione (“race car”) è che quest’ultimo, pur derivato da una vettura di serie, rappresenta una versione speciale, spesso prodotta in un numero estremamente limitato di esemplari.

Nel corso del tempo, i parametri di definizione di una stock car sono cambiati, anche di molto; attualmente, questo tipo di auto – almeno nei paesi NASCAR – ricordano molto le berline tre volumi (limitatamente all’aspetto esteriore), sebbene ampiamente modificate per rispettare precisi dettami relativi alla meccanica.

Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche, non c’è uno standard unico; per ciascuna ‘series’ valgono regolamenti specifici, che possono riguardare l’iniezione, le sospensioni o i freni; i motori stock car sono, però, tutti uguali: si tratta di propulsori con architettura a 8 cilindri a V da 6.0 litri. Nonostante i motori siano identici da questo punto di vista, i riscontri prestazionali non sono sempre gli stessi: le tarature più potenti possono arrivare anche a 800 CV ma per alcune piste è necessario rispettare specifiche limitazioni e ridurre la potenza erogata.

I vari tipi di stock car

Esistono diverse categorie di stock car, a seconda di determinate caratteristiche. Di seguito, un elenco delle principali tipologie:

  • le stock car “originali” sono quei modelli di serie, acquistabili normalmente da chiunque, e utilizzate in competizioni agonistiche; vengono anche definite come “street stock”, “pure stock”, “hobby stock” o “showroom stock”. Questo genere di auto da competizione iniziò a far capolino nei saloni automobilistici nel 1972, quando la Sports Car Club of America (SCCA) iniziò a vendere, per 3.000 dollari, stock cars senza alcun tipo di modifica o adattamento;
  • le “super stock” cars, invece, pur essendo simili a quelle ‘base’, permettono alcune modifiche più significative, in particolare per ciò che riguarda il rendimento del motore, che può arrivare ad erogare potenze superiori ai 500 CV;
  • le “late model” sono, come si può intuire dalla denominazione stessa, i modelli più recenti. Si tratta di autovetture prodotte di recente che possono essere sia ‘custom’ sia derivate da modelli di serie pesantemente modificati. Le late models rappresentano le auto più alte di gamma di quelle che gareggiano sui circuiti NASCAR di Stati Uniti e Canada.
Fonte foto: https://pixabay.com/it/photos/auto-da-corsa-nascar-auto-sport-558089/

Breve storia delle stock cars

Le origini delle stock cars risalgono agli anni Venti del ventesimo secolo, durante l’epoca del Proibizionismo. I distillatori abusivi di alcool (‘moonshine runners‘), per sfuggire alle autorità, dovevano modificare le proprie auto affinché fossero più veloci di quelle della polizia, ma senza intervenire sull’aspetto esteriore. Durante il decennio successivo, questi corridori iniziarono a riunirsi per organizzare delle gare vere e proprie ma la mancanza di una serie di regole omogenee rese lo svolgimento delle prime competizioni piuttosto problematico.

Anche per questo, nel 1948 Sir Bill France fondò la NASCAR; contestualmente, venne definito anche il principale parametro di ‘omologazione’ delle vetture destinate a gareggiare nelle gare organizzate dalla neonata associazione. Le auto NASCAR dovevano essere costruite per intero con pezzi reperibili sul mercato (e quindi prodotti di serie) oppure dovevano essere modelli di serie che avessero venduto almeno cinquecento unità. Durante i primi anni di vita dell’associazione, i piloti erano soliti raggiungere la pista a bordo delle auto con cui poi avrebbero gareggiato.

I parametri di omologazione per le stock car NASCAR sopra descritti resistettero fino ai primissimi anni Sessanta; nei tre lustri precedenti diverse vetture avevano fatto incetta di trofei grazie al costante sviluppo delle soluzioni meccaniche, soprattutto per quanto riguarda i motori e l’aerodinamica. Nel 1949 la Oldsmobile lanciò il V-8 Rocket, considerato da molti il primo motore a valvole in testa disponibile al pubblico; questo propulsore da 5.0 litri di cilindrata equipaggia la Oldsmobile 88, che tra la fine degli anni Quaranta ed i primi anni Cinquanta registra un autentico boom di vendite. Qualche anno più tardi, la Hudson-Hornet si impose grazie ad propulsore a valvole laterali (un sei cilindri in linea da 5.0 litri).

Nel 1961, le Case automobilistiche, nel tentativo di rispettare i parametri di omologazione senza rinunciare alle prestazioni, iniziarono a produrre ‘edizioni speciali’ (derivati da modelli di serie); contemporaneamente, il regolamento imposto dalla NASCAR iniziò a farsi più articolato. Per la stagione 1963, il limite massimo di cilindrata venne fissato a 7.0 litri; le successive modifiche al regolamento riguardarono soprattutto al sicurezza, dal momento che a metà anni Sessanta buona parte delle corse Nascar venivano disputate su tracciati non asfaltati.

Nel 1970, le regole di omologazione vennero nuovamente aggiornate, ancora in materia di sicurezza poiché le auto erano ormai in grado di raggiungere velocità estremamente elevate, non sempre gestibili al meglio con la tecnologia meccanica dell’epoca. La crisi petrolifera del 1973 lasciò invendute gran parte delle ‘edizioni speciali’ di grossa cilindrata e, di fatti, fino ai primi anni Novanta le versioni da competizione furono molto simili a quelle di serie.

Fonte foto: https://pixabay.com/it/photos/auto-da-corsa-nascar-auto-sport-558089/