Il suo nome era Giorgio William Vizzardelli: uccise 5 persone dall’età di 14 anni e finì all’ergastolo. Anche la sua morte fu segnata dalla tragedia.
Ventennio fascista, Sarzana, Liguria: la vita della tranquilla cittadina in provincia di La Spezia viene sconvolta da una serie di crimini apparentemente slegati, ma che vengono poi ricondotti alla mano di un’unica persona, il serial killer Giorgio William Vizzardelli, all’epoca appena adolescente. Tra le tante vicenda di cronaca nera che hanno segnato l’Italia, questa ha dell’incredibile ed è passata alla storia come il caso del “Mostro di Sarzana”.
Gli omicidi del Mostro di Sarzana
Il più giovane serial killer d’Italia ha colpito per la prima volta il 4 gennaio 1937. Tutti gli studenti del collegio Casa delle Missioni dell’ordine di San Vincenzo de’ Paoli erano appena tornati dalle vacanze natalizie, quando il preside della scuola, don Umberto Bernardelli, venne raggiunto da diversi colpi di pistola e ucciso nel suo ufficio.
L’assassino, col volto coperto, venne visto mentre si allontanava: per questo, sia un compagno che il portiere del collegio, don Andrea Bruno, rimasero coinvolti nella sparatoria. Il secondo morì, ma riuscì a pronunciare due parole che tornarono poi molto utili: “Avviamento” e “Registro”. Spariti anche dei soldi dalla dirigenza.
Per più di un anno, a Sarzana tornò la quiete, almeno fino al 18 agosto 1938, quando vennero trovati morti due giovani uomini, Livio Delfini, barbiere con affari sospetti nella prostituzione, e Bruno Veneziani, tassista che lo stava accompagnando fuori dal comune. Anche in questo caso non si riuscì a trovare nell’immediato il colpevole e questo aumentò la preoccupazione generale, oltre al dubbio di essere davanti ad un serial killer.
Questo non tardò ad agire di nuovo: il 29 dicembre 1938 il guardiano del Palazzo della Finanza di Sarzana venne trovato ucciso da sette colpi di scure nell’ingresso dell’Ufficio del Registro, all’interno del quale vennero rinvenute due casseforti su tre aperte senza scasso e con soldi mancanti.
L’identificazione del serial killer e la sua confessione
Fu grazie all’ultimo assassinio che la polizia, sollecitata da Mussolini in persona, riuscì a collegare tutti i punti e a dare un volto al Mostro di Sarzana: si trattava infatti di Giorgio William Vizzardelli, 17 anni, figlio del titolare dell’Ufficio del Registro, scomparso brevemente la sera del 28 dicembre e facilmente in possesso delle chiavi delle casseforti. Il ragazzo era anche un alunno della scuola di Avviamento presso il collegio Casa delle Missioni ed era amico del barbiere Livio Delfini.
La confessione non tardò ad arrivare. Nei primi giorni di gennaio 1940 fu lo stesso Vizzardelli ad ammettere i suoi crimini e a rispondere alla domanda cruciale: cosa lo aveva spinto ad uccidere?
Nel caso del preside don Bernardelli, era stato il sentimento di rivendicazione dopo che quest’ultimo lo aveva schiaffeggiato davanti a tutti a scuola per un atto vandalico di cui si era reso protagonista. Il portiere aveva commesso l’errore di riconoscerlo mentre scappava.
Livio Delfini era invece un suo amico stretto: come riportato su Cronaca Vera, o che lo avesse ricattato perchè a conoscenza dei suoi misfatti, o che volesse parte dei soldi ricavati dai suoi crimini, Vizzardelli maturò l’idea di ucciderlo. Il tassista si trovò lì per sua disgrazia e perse la vita solo in quanto testimone. Infine, per quanto riguarda il guardiano dell’Ufficio del Registro, questo aveva scoperto il serial killer mentre, ubriaco, era intento a rubare del denaro per “fuggire in America”.
La condanna del Mostro di Sarzana e la morte tragica
Per i suoi spietati omicidi, Giorgio William Vizzardelli venne condannato nel 1940 a 167 anni e 4 mesi di carcere ed al pagamento di una multa di 8888 lire. Confermata tale pena nei tre gradi di giudizio, il Mostro di Sarzana era il più giovane ergastolano della storia d’Italia.
Trascorse gli anni di reclusione tra Genova e l’isola di Pianosa, conseguendo anche il diploma e venendo anche trasferito in un manicomio criminale – probabilmente per un errore, dato che fu giudicato perfettamente sano di mente. Nel 1968 gli venne concessa la grazia e tornò quindi in libertà.
Andato a vivere dalla sorella a Carrara, si suicidò con un coltello da cucina nel bagno il 10 agosto 1973, pochi giorni dopo la fine del periodo di libertà vigilata.