Tav, Salvini: Siamo nelle mani di Dio

Tav, Salvini: Siamo nelle mani di Dio

Tav, Matteo Salvini verso la tregua: Nessun incontro con Luigi Di Maio, si torna a parlare da lunedì. E sul governo: Siamo tutti nelle mani del buon Dio.

Continua il botta e risposta tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Dopo le accuse che hanno fatto seguito alla conferenza stampa del premier Giuseppe Conte, ad abbassare i toni ci pensa (o quantomeno ci prova) il leader della Lega, che ha comunicato una tregua sul caso Tav almeno fino a lunedì, quando il governo dovrà prendere una decisione sui bandi.

Tav, Matteo Salvini: L’8 marzo non parlo di Di Maio, lui è un uomo

Nessun vertice di Governo oggi, vado a Milano, ne parliamo lunedì – ha dichiarato Salvini ai microfoni di Rtl. Io sono per fare non per disfare. Di Maio? Lui è un uomo, l’8 marzo parlo di donne“.

Salvini ha poi parlato dell’iter burocratico della Legittima difesa, che deve essere approvata dal Senato prima di essere convertita in legge.

Matteo Salvini

Sulla stabilità del governo: Siamo tutti nelle mani del buon Dio

Se i tempi sono quelli che ho sentito, la legittima difesa, il codice rosso e la certezza della pena entro la primavera saranno realtà“. Quindi il governo reggerà sicuramente fino alla prossima primavera? “Siamo tutti nelle mani del buon Dio. Non c’è niente di certo. È molto probabile che queste tre leggi siano leggi dello Stato entro questa primavera. Che ci sia un Parlamento è fondamentale perchè le leggi le approva il Parlamento“.

Chiaro il tentativo di Matteo Salvini di non acuire la polemica con gli alleati di governo per non esasperare ulteriormente una situazione particolarmente delicata. Sia chiaro, né Salvini né di Maio auspicano la caduta del governo, ma nessuno dei due è intenzionato a fare un passo indietro sulla Tav.

Caso Tav, le possibili soluzioni

Al momento l’unica soluzione ipotizzabile è che dal tavolo tra Conte, i ministri francesi e i Commissari dell’Unione europea possa uscire una soluzione che possa convincere il Movimento Cinque Stelle e il premier italiano ad accettare la realizzazione dell’opera, che lo stesso Conte aveva definito poco utile per l’Italia.

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